Da quando vivo qui, mi sto sempre più rendendo conto di quanto l’Anatolia sia al centro del nostro immaginario collettivo “occidentale” e “classico”. Leggevo qualche settimana fa di progetti per rinnovare il museo di Gordion: il nodo gordiano di Alessandro il grande, la capitale della Frigia, re Mida. La Frigia e il re Mida erano però per me suggestioni lontane, appartenenti alla leggenda e alla mitologia più che alla storia. Adesso è tutto diverso: quei luoghi dai contorni incerti li ho localizzati e so di poterli raggiungere senza troppa difficoltà. Leggevo ieri che ci sono problemi per la preservazione di alcuni templi frigi – da 20 anni candidati alla Lista del patrimonio dell’umanità dell’Unesco – in una vallata sacra nei pressi di Gordion e della città moderna di Eskişehir, al centro dell’Anatolia (ma col treno veloce da Istanbul credo ci svogliamo tre ore e poco più al massimo): quello più grande, fatto costruire a quanto si dice dal re Mida in persona, è una facciata alta 17 metri che chiude una cavità nella roccia, le cui iscrizioni nella lingua dei frigi (indo-europea) non sono mai state decifrate. Ma siamo davvero sicuri che, solo perché qui le preghiere si dicono prevalentemente in una moschea e non in una chiesa, che la Turchia non c’entri niente con l’Europa?