Ora so che tutto è fragile. D’altra parte è l’unica certezza che ho. E comincio a non sopportare più le persone che si sforzano di essere ragionevoli.
Quella di Rose, giovane protagonista de Il muretto di Céline Fraipont e Pierre Bailly (Eris Edizioni, 2014), è la difficile storia di un percorso di crescita e autoconsapevolezza fra infanzia ed età adulta, vissuto in una cittadina belga nella seconda metà degli anni Ottanta.
Rose e Nath’ sono due coetanee che trascorrono insieme, fin da piccole, molto del loro tempo libero. Fra i luoghi di ritrovo, oltre al divano di casa, c’è un lungo muro in mattoni che delimita fra gli alberi un campo di basket in quella che sembra essere la periferia della città.
Rose è una ragazza chiusa e introversa, il padre è spesso in viaggio per lavoro e la madre è fuggita a Dubai con un altro uomo. Anche la complicità instaurata con Nath’ si sfalda presto, non resistendo alla distanza crescente, familiare e caratteriale, che divide le due ragazzine. Così Rose si trova sola ad affrontare il mondo fuori e l’intimità del suo corpo in rapida trasformazione.
Ad accompagnare la sua adolescenza c’è però un significativo e crescente avvicinamento alla musica. Le atmosfere oscure dei The Cure, il punk fulminante dei Ramones o quello sgangherato e diretto dei Bérurier Noir sono solo alcuni degli input che la protagonista inizia ad apprendere attraverso la sua amicizia con Jo, un ragazzo un po’ più grande di lei, conosciuto su quello stesso muretto frequentato in passato con Nath’, prima che le loro strade si dividessero.
Dal punto di vista tematico, dunque, “Il muretto” si colloca in una strada battuta spesso nei molteplici linguaggi espressivi, dalla letteratura al cinema. Il percorso di Rose fra dolore, insofferenza e apatia la trascina in una spirale – forse fin troppo prevedibile – in cui il ricorso all’alcool e alle droghe appare come l’unica soluzione, momentanea e illusoria, al malessere che la rode dentro.
Punto di forza in questa vicenda per certi aspetti abbastanza meccanica, però, è la consapevole scelta di ambientare la storia in un preciso decennio – gli anni Ottanta, appunto – cercando di mettere a frutto quegli stimoli culturali con cui la generazione della piccola protagonista è venuta in contatto. In questo senso i riferimenti musicali delineano uno scenario convincente per le vicende narrate, arricchendo i contrasti netti delle chine di Pierre Bailly di tonalità emotive adeguate alle paure e alle insicurezze vissute da Rose.
Volti, oggetti, profili, fuoriescono sbozzati e sghembi da vaste campiture nere. L’assenza di tonalità intermedie e di chiaroscuri rimarca quella divisione netta tra bianco e nero, bene e male, attraverso cui gli occhi di un adolescente tentano di filtrare il mondo. Una natura spesso solo accennata da rapidi e sottili colpi di pennello si insinua fra i corpi e le azioni dei personaggi, mentre bastano pochi profili bianchi di mobili, sedie e finestre per rendere efficacemente la vastità di quella casa troppo vuota, troppo grande per accogliere la solitudine di un’adolescente.
La totale incapacità di Rose nell’incastrare fra loro i pezzi del tetris nel videogioco del bar, quel puntuale “Game Over” al termine di ogni partita, diventa allora metafora esplicita del senso di inettitudine con cui lei affronta il rapido crollo dei suoi rapporti familiari, scolastici e affettivi.
Narrare il complesso passaggio dall’infanzia all’età adulta, riuscire a cucire assieme le molteplici difficoltà ed esperienze dell’adolescenza, svincolandosi da stereotipi e banalizzazioni, non è mai facile. Fraipont e Bailly tentano di aggirare l’ostacolo calandosi pienamente nel vissuto dei personaggi. Si intuisce dunque che il loro sguardo non è esterno alla vicenda, non si colloca sulla posizione sicura di chi quella fase della vita l’ha già vissuta e superata, vestendo ora i panni del giudice che si fa forte della propria maturità acquisita negli anni. A questo forse contribuisce di nuovo la collocazione storica della vicenda, calibrata all’altezza cronologica dell’adolescenza dei due autori e quindi rimodellata probabilmente su esperienze più o meno personali.
Privo di orpelli narrativi e grafici, “Il muretto” è quindi un fumetto incisivo, diretto. Un ulteriore tassello che, come si diceva, va a collocarsi nel già corposo filone narrativo che si interroga sulle difficoltà dell’adolescenza. Ma questo tassello – pur difettando di originalità in alcune scelte narrative – a differenza dei pezzi del tetris di Rose tenta comunque di evocare nuove prospettive, nuovi punti di vista, oltre l’inevitabile “Game Over” finale.
Abbiamo parlato di:
Il muretto
Céline Fraipont, Pierre Bailly
Eris Edizioni, 2014
192 pagine, brossurato, b/n – 17,00 €
ISBN 9788898644056