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Il muro di pietra.

Da Enricobo2
Un vecchio muro a secco, forse si può quasi dire un muro antico. Avrà di certo più di un secolo, forse due. Sta lì immobile a delimitare il terrazzino, a crogiolarsi al sole come una baigneuse sulla spiaggia. Le pietre irregolari manifestano la cura di chi lo ha eretto, inconsapevole forse che sarebbe durato così a lungo, al di là del tempo a cui arrivava il suo pianificare limitato. Di certo la sua visione non andava oltre il ristretto cerchio della valle, della riga netta del forte che incombeva, ma di certo produceva di che vivere, oggi si direbbe con l’indotto. Forse era qualcuno che aveva addirittura partecipato ad ingrandirlo, quel forte immenso, a renderlo maestoso ed imponente, quanto inutile agli scopi per cui era stato pensato, oppure era solo un contadino che voleva meglio segnare i confini della sua casa, separare nettamente il vicino al di là del muro con cui forse non amava parlare. Pietre spezzate, dure e diverse tra loro; scisti a formar tegole piane tra cui brillano come lampi le invisibili schegge di quarzo, vicino a neri blocchi quadrati, forse basalti regolari arrivati dal ventre del monte, alternati ad altre tondeggianti che tradiscono la loro provenienza dal greto del torrente dove per millenni hanno subito la carezza maligna dell’acqua che senza che se ne accorgessero le ha scavate, ingentilite e finalmente private della rudezza di un tempo.
E’ alto il muretto, non si può vedere cosa cela al di là della sua protezione. In tanti anni non ho mai visto sopra quella barriera, cosa ci sia nascosto. Un giardino segreto da cui ogni tanto arriva qualche voce quasi misteriosa, una donna che ride, un uomo che le risponde, qualche frase spezzata in francese o in patois, ma il significato lo disperde il vento che arriva dall’Assietta, lui sì a raccontare storie di battaglie e di lotte tra i monti. Qualche albero spunta, un po’ selvatico, un po’ domestico appoggiato al muro come se faticasse a resistere. Un grande abete incombe un po’ più in là, forse nel mezzo del giardino, ma le sue alte fronde debordano prepotenti cercando di scavalcare, di guadagnare terreno. Ma tra tutti fa capolino e si sforza quasi di superare la barriera, un grande cespo di ortensie dai fiori enormi, il cui violetto tenue si ammorbidisce in un rosa antico delicato e suadente. Sta lì appoggiato a mostrare la sua bellezza nuda senza pudore, tanto chi guarda, non c’è nessuno tranne me al di qua del muro a cui offrire le sue grazie. Il campanile proprio dietro la mia testa suona le due. L’onda sonora del bronzo percosso, rimane a lungo nell’aria. Anche se l’aria è frizzante, il sole picchia forte sul muro e la pietra scura quasi risplende, sembra abbagliare. In una fessura tra i massi, si è fermata un poco di terra e due fili d’erba sono cresciuti con un minuscolo fiorellino rosa in cima. Basta così poco quando c’è il desiderio di vivere. La campana ha ribattuto i due colpi. Forse oggi andrò a vedere cosa c’è al di là del muro.
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