Ieri Adriano SOfri su Repubblica scriveva tra le altre stupende cose,che il cimitero di Taranto era il confine simbolico tra la citta’ di Taranto e l’Ilva.
Il confine del paradosso,un’area adiacente allo stabilimento dove dovrebbe regnare la pace e la tranquillita’ da dedicare ai defunti e a chi va a trovarli.
Ma e’ anche il luogo dove il mostro d’acciaio si fa sentire con i suoi artigli meccanici e il suono delle sue sirene.
A volte quando mi reco li per andare a trovare i cari scomparsi,il muro che divide l’altra citta’,sembra di cartavelina e quei fumi e quel rosso sulle lapidi e’ il simbolo dell’invadere quotidiano del non senso.
Il non senso di aver fatto una citta’ dei veleni su una della Magna Grecia,dove in passato tra poeti e filosofi,era comune andare in riva ai fiumi(Galeso)per riflettere e decantare versi ai posteri.
Oggi quel non senso dei politici e delle loro scelte,si paga a caro prezzo.
Sfilavo domenica scorsa in corteo con mio figlio per esprimere le mie paure sull’incremento delle patologie,della morte che avanza sui giovani tarantini e sul loro futuro.
Abbiamo perso ieri di nuovo grazie alla Consulta che ha dato di nuovo ragione all’Ilva.
Si sfilava con fiducia e convinzione che anche una sconfitta dettata dalla legge,ci avrebbe comunque unito ancora.
Ma anche una convinzione :il politico che verra’ a governarci deve sapere che la citta’ soffre tra due fattori:il diritto al lavoro e quello alla salute.
Non ci sara’ mai spazio per compromessi subdoli e inciuci vari.
Questi stessi compromessi negli anni hanno creato morte,malattie e affari.
Il referendum di domenica prossima sara’ forse inutile ma invece importante per dire che il futuro deve essere negoziato anche con chi e’ contro l’apertura dell’Ilva a Taranto.
Sofri diceva che il cimitero era il confine tra la citta’ e l’Ilva.
Un confine ideologico,un muro graffiato dalle polveri e sventrato dalle grida di chi e’ seppellito a San Brunone e chiede vendetta ….
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