(pubblicato su Il Futurista di martedì 1° maggio)
Fondatore, curatore e sponsor. Orhan Pamuk, lo scrittore turco vincitore del Nobel per la letteratura nel 2006, ha svelato sabato scorso al pubblico – a Istanbul – il suo capolavoro artistico: il museo dell’innocenza, il romanzo – omonimo ed eponimo – che si è fatto museo, Masumiyet Müzesi. Ne è stato orgogliosamente l’ideatore, il responsabile ultimo delle scelte espositive, il finanziatore sostanzialmente unico (al 95% grazie al premio di Stoccolma e alle royalties dei suoi libri); l’inaugurazione è stata pienamente nel suo stile: senza politici, senza torte o nastri da tagliare, senza pompa. La sede è un vecchia casa ottomana del XIX secolo a Çukurcuma, quartiere di stradine, scale e sampietrini che scende da Pera e Galatasaray – il cuore della Istanbul europea – verso il Bosforo: nel 1998 – quando Pamuk acquistò l’abitazione di tre smilzi piani per tutta una famiglia – era ancora povero e scalcinato, oggi è il paradiso di antiquari e di amanti del brunch domenicale. Il museo ha preso un colore rosso intenso: l’unico segno distintivo all’esterno di una dimora agiata ma non lussuosa, che passa quasi inosservata.
L’idea gli era venuta poco prima, ha spiegato durante la conferenza stampa di presentazione: costruire un museo della vita quotidiana a Istanbul e scriverne simultaneamente il catalogo, le cui note esplicative avrebbero preso fattezze narrative trasmutandosi in vero e proprio romanzo. Un romanzo e un museo in piena simbiosi, un museo nel romanzo – il collezionismo sfrenato e feticista di Kemal, il protagonista – e un romanzo che prende vita dal museo, finemente aggrovigliati l’uno nell’altro: e tutti e due parlano di una singolare storia d’amore, del modo di vivere e comunicare i propri sentimenti e le proprie pulsioni, “di come ci comportiamo quando ci innamoriamo”. Aveva anche pensato di far uscire il suo libro e di aprire lo spazio espositivo nello stesso giorno, poi le loro strade si sono separate: il romanzo è stato pubblicato solo nel 2008, dopo esser stato momentaneamente accantonato a favore dell’autobiografico Istanbul, il museo ha richiesto un enorme impegno e ha vissuto traversie finanziarie e politiche (era nel programma originario di Istanbul 2010, il finanziamento concesso è stato restituito).
Lo scrittore lo ha definito un “city museum”, un museo della città più che civico, un museo sentimentale e nostalgico, un museo umile e privo di monumentalità, un museo di persone più che di grandi ideologie nazionali, un museo della storia presente e della quotidianità più che del passato glorioso o del futuro radioso. Pamuk non l’ha detto, ma il suo museo è soprattutto – come tale concepito e realizzato – un piccolo, concentrato e raffinatissimo “gabinetto di curiosità”: ispirato alle collezioni rinascimentali di oggetti che rappresentavano il sapere scientifico dell’epoca, dalle scienze naturali all’archeologia; un gabinetto raccolto e maniacalmente curato, in cui sono esposte “vetrine di curiosità”, 83 come i capitoli del romanzo: con cimeli vari, bicchieri, posate, saliere, vestiti, foto, cartoline, biglietti della lotteria, orecchini, scatole di fiammiferi, lampade, una mappa, un poster anatomico, modellini di treni e di navi, documentari del Bosforo per un tocco di post-modernità – ogni vetrina è uno scrigno e un’opera d’arte disegnata e ordinata dallo scrittore/artista in persona – che rievocano quelli che nel romanzo Kemal raccoglie dopo la morte della sua amata Füsun, a imperitura memoria. Tutto raccolto da Pamuk: nei mercatini di quartiere, a casa di amici e parenti, con l’aiuto di professionisti e a volte di lettori.
La luce è soffusa, l’atmosfera sacrale e di rispettoso raccoglimento; gli oggetti dialogano con gli altri oggetti e le vetrine con le altre vetrine: il risultato è un orgia di sovrabbondanti sensazioni e di informazioni, che nel terzo e ultimo piano lascia il posto alla quiete della stanza da letto di Kemal inondata finalmente di luce, a una collezione di tutte le edizioni straniere del libro, a una selezione di disegni preparatori per le vetrine e di pagine manoscritte del romanzo (accompagnate dalle cartucce vuote della penna stilografica utilizzata); per decifrarle – sensazioni e informazioni – occorrerà attendere la pubblicazione del catalogo, 2 o 3 settimane per la versione turca e qualche mese per quelle internazionali: e il progetto iniziale di museo-romanzo-catalogo verrà finalmente portato a compimento, il romanzo divenuto però autonomo dal museo-catalogo. Il museo dell’innocenza è gestito da un piccolo staff guidato da Deniz Aral, ha comodi orari di apertura ad esclusione del lunedì di chiusura (il prezzo del biglietto – differenziato per turchi e turisti – è però particolarmente elevato), dispone di una piccola libreria con tutta la bibliografia di Pamuk, poster delle più belle vetrine, qualche oggetto evocativo; al momento non sono ancora previste iniziative culturali o didattiche, il suo fondatore, curatore e sponsor però già pensa di aggiungere oggetti e storie.