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Il Natale polacco

Da Paolo Statuti

Di nuovo in cielo brilla la cometaimages (72)

   Con commozione e nostalgia pubblico nel mio blog una trasmissione da me realizzata tanti anni fa per la redazione italiana di Radio Polonia e destinata agli ascoltatori italiani.

   Natale! Quante cose può  dire una parola sola…quanti ricordi, desideri, speranze. E’ una finestra provvidenziale che si apre dopo una anno di attesa, per lasciare entrare un soffio d’aria fresca e pulita. E’ la chiave che può aprire ogni porta, anche la più sprangata. Ma è soprattutto desiderio di ritrovarsi, bisogno d’amare, risveglio di sentimenti assopiti.

   La notte di Natale in Polonia ci si divide l’ostia benedetta; si lascia un posto vuoto a tavola, simbolicamente occupato da un ospite occasionale in cerca di calore umano, o da un parente o amico lontano – sono solo due esempi del nostro modo d’intendere e di celebrare la nascita di Cristo, il momento più poetico e solenne dell’anno.

   Abbiamo scelto per voi alcuni versi e canti natalizi polacchi. Poesia e musica ci è sembrato infatti il binomio più adatto per esprimere a voi e ai vostri cari il nostro più fervido e sincero augurio di BUON NATALE!

(qui era inserito un brano dello Scherzo in si minore di Chopin, in cui riecheggia il motivo del canto natalizio Lulajże Jezuniu (Fa la nanna, o Gesù)

   Jerzy Liebert nella poesia La messa di mezzanotte, dipinge il suo Natale con una sequenza di pennellate vivide e delicate, e termina il quadro con la figura di Gesù Bambino, che guarda malinconicamente la porta, in attesa di vedere entrare un uomo degno di tale nome.

La messa di mezzanotte

Gli uccelli come campanelle si godono il canto –

Cristo è nato per noi e nuovi giorni verranno.

Dalle rive della Vistola fino alla Grotta

Con gli uccelli sono giunti i caprioli in frotta.

Lo scoiattolo mostra i denti e osserva in alto

Due colombi che nuotano nel cielo di cobalto.

E i fiori, benché sia inverno e il freddo l’abbia gelati,

Portano la mirra, l’incenso e calici dorati.

Anche i pavoni sono giunti da paesi lontani,

Per comparare le piume con le angeliche ali.

E il Bambinello triste guarda la porta e attende

Di vedere l’uomo fra tutta quella gente…

   Leopold Staff è l’autore del sonetto che stiamo per leggervi. Il poeta avverte il freddo gelido nella natura e nelle anime, sente la sofferenza del mondo, ma nello stesso tempo ode anche il grido incredibile e consolatore: “Il Signore è nato!”. Egli è nato dall’Eternità e, ahimé, il mondo legato al tempo non può generarlo senza affanno.

*  *  *

Quando il vento a dicembre è più acuto e freddo,

Quando già gozzovigliano le bufere,

E la terra irrigidisce sotto la neve

E la vita e la morte vanno a braccetto;

Quando la notte la sua vetta ha toccato

E tutto il mondo grida il suo dolore:

A un tratto sentiamo – noi Iperbòrei –

Quel grido incredibile: “Il Signore è nato!”

Oh, prodigio! Sempre Dio quando è dicembre

Nasce! Ma è vero poi, nasce realmente,

Se questa voce si rinnova ogni anno?

Infelici! Ciechi! Sordi! In verità

Il Dio eterno nasce dall’Eternità,

E può il mondo generarlo – senza affanno?

   La poetessa Kazimiera Iłłakowiczówna costruisce la sua Pastorale come un luminoso mosaico di trepidi angeli in balenanti armature, di bagliori di luce che si sprigionano dalle stelle e dalla neve bianca, di immagini legate all’iconografia del Natale: la Madonna in ansia, i premurosi pastori, gli animali pietosi…e dalla scena fluisce verso il cielo stellato il caldo pennacchio biancopiumato dei respiri e la ninnananna a Gesù.

Pastorale

Gesù trema nella culla nato d’inverno;

una frotta d’angeli veglia trepida sul Bambinello;

Maria

come un giglio

nella veste avvolge suo Figlio.

Un angelo i minuti conta,

un altro a quello è legato,

un terzo intona un lieto canto,

il primo tocco dei secoli è scoccato

agli uomini in dono

sull’orologio

da Dio fattosi Uomo.

Bagliori dalla luce, dalle stelle, dalla neve bianca.

Lascia che scaldino il Figlioletto, Maria, Vergine santa.

Si scansino gli angeli con le armature e i canti gioiosi,

e vengano a scaldare il Bambinello gli animali pietosi,

perché fuori si muore dal freddo!

E voi, cari pastorelli, nella capanna entrate in fretta,

portategli vicino il bue e l’asinello,

perché ormai è spento il tenue focherello.

Il gelo mostra i denti,

il Bambino giace fragile sulla paglia

e china sulla culla Maria è sempre più pallida.

Dalle vesti, dalle armature, dalle tese mani bianche

attorno alla capanna – nell’aria un cerchio lucente e trepidante.

E dall’interno al gelo verso il cielo stellato

fluisce dei caldi respiri il pennacchio biancopiumato,

i sussurri pietosi, il pianto che non c’è più

 e la “Ninna, ninnananna, o amato Gesù”.

   Jan Twardowski nella brevissima eppure così intensa poesia Sulla piazza della città, paragona la sfarzosa, colossale stella che guidò i Re Magi a Betlemme, a un’esile stellina di neve, che con la sua fragilità e purezza lo ha ricondotto a Dio.  

Sulla piazza della città

I re ha guidato a Betlemme una stella colossale

girando cerchi dorati sulle teste dei cammelli –

me ha ricondotto a Dio la mattina di Natale

sulla piazza infangata – di neve un’esile stella.

E’ caduta – e di colpo candore, luce e calore…

e il gelo mi leccava le ossa attraverso il cappotto invernale.

   L’ultima poesia che vi presentiamo è di Konstanty Ildefons Gałczyński, e s’intitola Il ritorno. Il poeta, dopo un lungo e deludemte errare per il mondo, a Natale torna con la fantasia alla casa paterna, e ritrova tutto e tutti esattamente come un tempo. Di nuovo la famiglia è riunita, di nuovo in cielo brilla la Cometa, i cuori vibrano in coro e d’un tratto il silenzio è rotto da un canto natalizio suonato all’ocarina.

Il ritorno

C’è una via non ancora sparita

(ma come arrivarci, e per quali strade?),

la via dell’infanzia tradita,

la via della Grande Pastorale.

Là nella polvere di carbone,

e non in un giardino incantato,

c’è una casa dal tetto arancione,

la casa dove un giorno sei nato.

La stessa pietra davanti all’ingresso.

E il custode è sempre lo stesso.

Mi chiede: “Dov’è stato per tanti anni?”

“Ho girato questo mondo d’inganni”.

Sali le scale col cuore in gola.

Entri. La mamma è bella come allora.

Con lei mio padre coi baffi neri.

E i nonni. Tutti come fosse ieri.

Anche mio fratello con l’ocarina,

e che poi morì di scarlattina.

Papà dice alla mamma: “E’ spuntata,

in cielo già brilla la cometa,

dividiamoci l’ostia consacrata”.

Ci stringiamo uniti nell’attesa

con i cuori che vibrano in coro

come sull’albero le foglie tra loro.

Silenzio. L’abete accende i suoi rami.

In cima un angelo sbatte le ali.

Alle finestre i rossi gerani,

delle candele i riflessi dorati,

e mio fratello suona in sordina

il canto di Natale all’ocarina:

FA LA NINNA, O GESU’,

MIO BAMBINO,

FA LA NANNA, O GESU’,

MIO TESORINO.

(stesso brano dello Scherzo di Chopin)

   Le versioni in lingua italiana delle poesie che avete ascoltato sono di Paolo Statuti. I canti natalizi eseguiti erano, nell’ordine:

- Wśród nocnej ciszy  (Nel silenzio della notte)

- Bóg się rodzi  (Dio è nato)

- Jezus malusieńki  (Gesù Bambino)

- Lulajże, Jezuniu (Fa’ la nanna, o Gesù)

   In apertura e chiusura di trasmissione avete inoltre ascoltato un brano dello Scherzo in si minore di Chopin, in cui riecheggia il motivo del canto natalizio Fa’ la nanna, o Gesù.

(C) by Paolo Statuti



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