Magazine Cucina
Il Natale non è solo una festa religiosa ma un punto di incontro (e a volte anche scontro) tra le persone, un giorno in cui tradizioni gastronomiche e folklore si mescolano alla voglia di stare insieme.
Da sempre la cucina è la regina indiscussa delle festività, a maggior ragione se si parla del Natale; ogni regione e ogni paese ha elaborato piatti di ogni natura per celebrarlo e viverlo al meglio.
In questo processo culturale tanti fattori nel corso della storia sono entrati in gioco: risorse disponibili, territorio, credenze sociali e famigliari consolidate nel tempo e, non da meno, disponibilità economiche. E' proprio questo ultimo fattore ad essere stato sempre la vera e propria discriminante tra ceti sociali elevati e non: la volontà di esibire le possibilità economiche dei primi si è sempre scontrata con la capacità dei secondi di adattarsi e di dare maggior valore allo "stare assieme". Un valido esempio di quanto ho appena affermato possiamo trovarlo nel romanzo "Canto di Natale" di Dickens in cui il desiderio di potersi permettere materie prime costose sarà destinato ad essere messo in secondo piano per far trionfare il vero "spirito del Natale".
Se pensassimo a questo giorno esclusivamente da un punto di vista gastronomico potremmo ragionare su due fronti: il primo esclusivamente alimentare e il secondo che analizza il lato antropologico del pranzo di Natale.
Per il primo punto i fattori che ho citato prima (territorio e risorse economiche) hanno sempre giocato un ruolo fondamentale: la combinazione dei due sfociò nel corso del tempo nella creazione di numerose proposte culinarie dolci o salate, povere o ricche. Se zucchero, canditi, cioccolata erano alcune delle materie prime utilizzate nella cucina dei ceti elevati, in quella dei poveri era l'arte dell'arrangiarsi a dominare la scena. Riflettendo su questo aspetto bisogna però fare una importante precisazione: da sempre alcune preparazioni costituite da ingredienti poveri sono andate al di là dello schema appena esposto, divenendo così alimenti identitari di un popolo o area e non più di un ceto. L'esempio più pertinente è il plum pudding inglese o pletten pudding tedesco, menzionato anche da Thomas Mann ne "I Buddenbrook", dolce costituito da avanzi di biscotti e preparazioni dolci secche che, impastate settimane prima del Natale con zucchero, canditi e altri ingredienti e poi lasciati seccare, veniva servito inzuppato di liquore ed incendiato. In questo caso l'arte del riciclo supera la divisione di classe operata anche in ambito gastronomico.
Vi sono inoltre preparazioni dolci o salate che assumono valenze simboliche, esorcizzano la paura della morte e, celebrando la nascita del Signore, esaltano la Sua vittoria sul buio.
Dal punto di vista antropologico invece, il pranzo di Natale non è solo il momento per eccellenza dello "stare assieme" ma assume anche altri significati, spesso contrastanti.
Esso può essere il mezzo di confronto di una famiglia e, di riflesso, della società: a tal proposito in ambito cinematografico molti film hanno come sfondo principale proprio questo rito gastronomico durante il quale tutti i segreti famigliari vengono a galla e ciò che ne scaturisce è un confronto burrascoso.
Altre volte esso può essere la metafora dello scorrere del tempo e dell'esistenza umana ma anche dell'incontro con la morte, ne è un esempio l'opera "il lungo pranzo di Natale" del 1931 di Thorton Wilder in cui i membri della famiglia Bayard, riuniti per il pranzo di Natale, escono dalla vicenda e dalla vita attraverso una porta drappeggiata di nero, simbolo della morte.
E' chiaro come questo aspetto costituisca un esempio del tutto bizzarro per una festività che celebra una nascita. Potremmo affermare quasi che l'incontro gastronomico attorno alla tavola natalizia costituisce un forte incentivo per l'analisi individuale.
Questo momento può anche essere un mezzo di denuncia della società e delle sue falsità e ipocrisie; la lettera-racconto di Elsa Morante pubblicata assieme ad altri racconti nel 1988 come allegato al mensile "Linea d'ombra" ma realizzato attorno agli anni Cinquanta ne è un esempio. Nel racconto emerge tutta la contraddizione della società con i propri schemi morali e perbenisti.
In questo breve viaggio ho voluto analizzare, seppur sommariamente, un viaggio culturale in alcune delle tematiche che riguardano, in ambito alimentare, il pranzo del Natale e, più in generale, questo periodo.
Scoprire come un momento che per noi ormai può essere diventato solo un noioso rituale sia invece denso di storia e significati, può risvegliare l'entusiasmo e, perché no, la curiosità gastronomica.
A tutti i miei lettori auguro: Buon Natale!
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