James Myers Thompson (1906 – 1977) è uno tra i più rinomati scrittori di «genere» a stelle e striscie. Deve la sua fama principalmente al noir, etichetta sotto la quale andrebbero rubricati almeno una trentina di libri di questo prolifico autore pochissimo apprezzato in vita, e la cui statura letteraria venne riconosciuta solo negli anni 80 con le riedizioni della casa editrice Black Lizard. L’umanità che costella i libri di Thompson è un’accozzaglia proteiforme di truffatori, perdenti, sgualdrine e sociopatici: il tipo di fauna che pullula nei recessi della società contemporanea (talvolta abitandola sin nelle gerarchie più alte, perfettamente inserita nel castello di convenzioni che ne regola il funzionamento).
Il punto di vista dell’autore è quasi sempre espresso da una narrazione classica, una narrazione piana e priva di sdruccioli dietro la quale si cela una perfetta comprensione degli
abissi della follia criminale: attraverso l’utilizzo della canonica prima persona, la prosa di questo scrittore adesca sottilmente il lettore, costringendolo a diventare quasi complice di quell’abiezione descritta con spaventosa perizia. Difficile trovare personaggi positivi nei libri di questo monumento del pulp: anche quelli apparentemente più innocui mascherano dosi considerevoli di egoismo, meschinità, cupidigia e vizio.Superato il difficoltoso momento di approccio con il mondo editoriale – caratterizzato negli anni 40 da due romanzi di scarso séguito – il successo lo bacia con un tascabile pubblicato nel 1952, dal titolo L’assassinio che è in me. Il libro capita tra le dita di Stanley Kubrick, che dopo averlo letto decide di contattare lo scrittore: da qui, la collaborazione tra i due per la realizzazione dei film Rapina a mano armata (1955, direttamente ispirato al testo), e Orizzonti di gloria (1957), con Thompson brillante sceneggiatore di entrambi. Nel corso di questi anni, la sua attività si misura con la pubblicazione di altri 14 romanzi. Tra questi da ricordare: In fuga scritto nel 1958, che ha avuto un importante recupero cinematografico con Getaway già girato da Sam Peckinpah nel 1972, divenuto poi remake di successo nel 1994 con la regia di Roger Donaldson. Nelle ambizioni di Thompson il passo successivo sarebbe quello di scrivere per Hollywood, ma il tentativo conduce soltanto a rinnovata delusione,
amplificando nell’autore una brutta tendenza all’alcoli- smo. Siamo nei mitici sixties, il noir è un genere messo al bando dall’America della generazione Kennedy; eppure, è proprio nell’arco di questo tempo che alcuni capolavori quali I truffatori (1963), e Colpo di spugna (1964), trovano posto tra gli scaffali delle librerie statunitensi: altri due libri, questi, da cui verranno realizzati altrettanti film, Rischiose abitudini, nel 1990, e ancor prima l’omonimo Colpo di spugna di Bernard Tavernier, con protagonista un Philippe Noiret d’annata. Morto nel 1977, Jim Thompson è quasi del tutto dimenticato in patria, mentre in Europa, particolarmente in Francia, la sua riscoperta percorrerà gran parte del decennio successivo.