Gli attacchi sono cominciati quando l’organizzazione ha inserito nella sua “lista nera” anche i server gestiti da Cyberbunker. Quest’ultimo critica la decisione e afferma di ospitare qualsiasi servizio, eccetto quelli “pedopornografici e legati al terrorismo”. Da questo braccio di ferro sono partiti gli attacchi: il primo, denuncia Spamhaus, il 19 marzo, inondando – come tutti i successivi – i server di Spamhaus con centinaia di Distributed denial of service, cioè risposte a richieste false inviate dal sito che si vuole mettere in condizione di non operare.
L’effetto a catena generato da questo attacco sta avendo ripercussioni sula Rete a livello globale, ha dichiarato l’esperto di sicurezza informatica Alan Woodward, professore presso la University of Surrey. Spamhaus comunque si dice in grado di far fronte a questa emergenza, annunciando anche la collaborazione di molte importanti società, tra cui Google, che si sono messe a disposizione per aiutare ad assorbire la massa di dati per cercare di scongiurare effetti più devastanti per il World Wide Web