Il norcino del re

Creato il 20 dicembre 2014 da Albertocapece

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Guai fare indispettire il norcino del re: potrebbe mollare tutto e delocalizzare il brand della ribollita d’arte, trasferendo, armi bagagli, l’Italia della pizza e fichi, del lardo di colonnata e dei pistacchi di Bronte  a Detroit, in Olanda, in Gran Bretagna come hanno fatto altri illustri quanto permalosi imprenditori e manager a dispetto di governi che li idolatravano, assecondavano e gratificavano con   aiuti e prebende.

A far stizzire Farinetti – a un tempo industriale, pontefice della svolta confessionale del cibo officiata dai masterchef quando non dalla Parodi, mecenate di ravanelli come del Rinascimento (è tristemente noto il   “percorso museale” tra le mura del suo emporio fiorentino, che “racconta con  pannelli didattici i luoghi, i valori e le figure storiche che hanno contribuito al periodo artistico e culturale più fulgido di sempre” tra le quali campeggia immancabile il suo ritratto), finanziatore generoso e fiore all’occhiello della Leopolda anche in quanto sperimentatore in proprio del Jobs Act, ancora prima della “riforma”, attraverso un uso massiccio del precariato: 8 euro lordi l’ora, e perciò denunciato dai suoi sventurati dipendenti che lo chiamano lo “squalo” – è stato Raffaele Cantone, il magistrato collocato a capo dell’autorità nazionale anti corruzione. Esuberando dalla sua funzione simbolica e dimostrativa alla quale è stato condannato a fronte dell’inerzia ormai proverbiale di governo e parlamento,  il presidente dell’Autorità a seguito di un’interrogazione di Sel, ha chiesto di  verificare le procedure dell’aggiudicazione diretta degli spazi  per realizzare “l’osteria più grande del mondo” all’interno dell’Expo 2015: due ‘stecche’  (si chiamano così) da 4mila metri quadrati, in  ciascuna delle quali  funzioneranno 20 ristoranti, uno per ciascuna regione italiana.

Apriti cielo. La reazione del Farinetti furioso non si è fatta attendere: “Se continuano le polemiche di gente che non fa e che ha un sacco di tempo da perdere per criticare chi fa, noi ci ritiriamo senza problemi”. E nemmeno la difesa d’ufficio del commissario Sala: “Possiamo non fare una gara quando c’è unicità. E dal nostro punto di vista, Eataly è unico”.

Eh si, Eataly deve essere proprio unico, tanto è vero che ben oltre la protezione del premier che aveva chiesto al suo patron di ricoprire un incarico di governo in festoso conflitto d’interessi, il Comune di Bologna non ha mai smentito la congrua partecipazione con 55 milioni alla realizzazione di una “esperienza sensoriale” anche quella “unica”: il monumento a Eataly,  un polo della gastronomia  in mezzo a svincoli e viadotti, in una radura larga e lunga 72 ettari, due volte il Vaticano, a 10 chilometri dalla città.  Anche là partner d’eccezione, come all’Expò, sono le Coop, che hanno annusato insieme a quello della mortadella, il profumo ineffabile dei soldi, se verranno mantenute le promesse dello squalo in veste di  “ Disney  del cibo tricolore”, come ebbe a definirsi:  “datemi 100 milioni di euro, un treno veloce e vi porto 10 milioni di donne, bambini e uomini”.

Davvero unico, se il sindaco Pisapia, incurante del ridicolo e la curia di Milano, incurante dell’esuberante ingresso dei mercanti nel tempio, hanno acconsentito che il  Duomo facesse “il suo debutto nel Flatiron District con la mostra “Eataly per Duomo” ospitata dal fondatore Oscar Farinetti, in cui sono esposti storici tesori architettonici datati oltre sei secoli:  la statua di Santa Lucia, un’immagine della Vergine ed un assortimento di guglie uniche,  organizzata per promuovere la Expo Milano che prenderà il via a maggio 2015”. “La mia presenza a New York – ha spiegato in quell’occasione il sindaco Pisapia – soprattutto è per rafforzare l’amicizia tra Milano e la City, in secondo luogo per far conoscere le offerte che Milano farà sia prima che durante e dopo l’Expo”.  Insomma come non cogliere l’opportunità di approfittare della notorietà di Farinetti, dell’avvio della “food policy”  per promuovere il misconosciuto Duomo di Milano, proprio come il logo lanciato dal sindaco d’Italia doveva accreditare Firenze, notoriamente ignota ai più? Sarebbe quello l’obiettivo della  campagna pubblicitaria “Do You Duomo”,  corroborare l’immagine di Milano e del suo edificio simbolo, con l’intento secondario di raccogliere quei fondi per il restauro che, malgrado il trattamento di favore, il patron non sgancia preferendo il ruolo di oculato sponsor a quello di munifico mecenate .

Unico eccome, Farinetti che in tempi di carestia si propone di riempire la pancia .. peccato sia la sua.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :