Cercavo Lo Giudice per un'intervista, ma per ben altre ragioni. Quasi 55 anni, senatore della minoranza Pd, già consigliere comunale a Bologna, presidente onorario dell'Arcigay, sposato dal 2011 e padre di un bimbo nato nel 2014 da maternità surrogata. Con lui ho fatto una bella chiacchierata sul QN sul tema caldo del momento, il dibattito sulle unioni civili (proprio nel giorno in cui il Consiglio d'Europa ha chiesto all'Italia di riconoscere legalmente le coppie gay).
Sergio Lo Giudice è nato a Messina ma ha lasciato la Sicilia poco più che ventenne. Gli ho chiesto che impressione ha ora dell'Isola dal punto di vista dei diritti gay. «È molto cambiata rispetto ad allora, anche se in giro restano molti pregiudizi. Ma penso a iniziative come il Gay Pride di Palermo e vedo che c'è una grande capacità di accoglienza, quell'umanità tipica dei siciliani, oltre i maschilismi. I pregiudizi cadono quando c'è un confronto diretto con le persone».
Matrimonio in Norvegia e un figlio da madre surrogata negli Stati Uniti. Sergio Lo Giudice, 54 anni, senatore Pd, portavoce dell’area di minoranza Retedem e presidente onorario dell’Arcigay, è stato il primo uomo politico a diventare padre gay. Dopo aver sposato nel 2011 a Oslo il suo compagno Michele, nel 2014 è nato Luca.Sergio Lo Giudice con il marito e il figlio
Senatore, su questo giornale la professoressa Eleonora Porcu, luminare della fecondazione assistita, ha definito la pratica dell’utero in affitto “una schiavitù per le donne”. Come risponde?
«Innanzitutto preferisco parlare di ‘gestazione per altri’, come si dovrebbe dire correttamente. Altri luminari come Carlo Flamigni la pensano diversamente dalla Porcu. Ma condivido pienamente tutte le obiezioni sullo sfruttamento di donne afflitte dal bisogno, dalla fame, o persino dal racket, nei Paesi poveri come India e Thailandia, dove le coppie gay non hanno comunque accesso a queste pratiche. A volte sono gli stessi mariti a costringerle».
Questo nei Paesi poveri. E negli Stati Uniti, come nel suo caso?
«Lì, come anche in Canada, ci sono legislazioni avanzate. Le donne devono essere economicamente sufficienti e avere avuto già dei figli».
Però non è una pratica per tutti. Andare dall’altra parte dell’oceano costa...
«In effetti no, ce la fanno solo le persone che possono permetterselo. Però sarebbe ora di aprire un ragionamento, un confronto serio e trasparente: altri Paesi europei, Gran Bretagna, Olanda, Belgio, anche la Grecia, consentono questa pratica».
La professoressa Porcu parla anche del rapporto madre-figlio. Rapporto “fisico, carnale”, lo ha definito. In un caso del genere viene a mancare?
«Non è come la legge 40 sulla fecondazione artificiale che prevede l’anonimato dei donatori. Noi siamo invece in costante collegamento con la madre surrogata americana. Le mandiamo le nostre foto di famiglia, lei le sue. I bambini delle famiglie arcobaleno cresceranno avendone piena consapevolezza. Le coppie gay sono assolutamente trasparenti su questo punto. E non potremmo fare altrimenti».
Le coppie etero non sono trasparenti?
«Il 95% delle coppie che accedono alla maternità surrogata sono eterosessuali. Ma perlopiù non lo dicono. Il punto è un altro».
Quale?
«Si parla dell’utero in affitto, termine orribile, solo per esprimere un pregiudizio contro la genitorialità omosessuale. È un dibattito strumentale: questa tecnica è vietata in Italia né tantomeno la sdoganerebbe il ddl Cirinnà».
Il cardinale Bagnasco però ha detto che “i figli non sono un diritto”.
«Bene, sono d’accordo. Non esiste alcun diritto ad avere figli. Ma esiste quello di avere tutti le stesse opportunità. E per i bambini di avere una famiglia. Non possono avere diritti diversi solo per una decisione degli adulti. D’altra parte solo nel 2014 siamo finalmente arrivati a una legge che cancella la distinzione tra figli naturali e legittimi...».