Nucleare, vantaggi economici e occupazione vanno sempre più a braccetto. Lo ribadisce un’analisi semestrale di Confindustria, che analizza i benefici del ritorno all’atomo in Italia.
Di recente anche il presidente degli industriali piacentini Sergio Giglio ha affermato la necessità di riaprire il discorso nucleare, “come in Francia”. Ed effettivamente non ha tutti i torti: lo studio parla di investimenti per circa 30 miliardi di euro, di cui il 70% potrebbe essere gestito da aziende italiane.
I vantaggi sono innanzitutto occupazionali:la costruzione dei quattro reattori Epr porterà all’impiego di 3mila risorse dirette e 6mila indotte nella fase di cantiere (5 anni). Una volta avviati, gli impianti permetteranno di dare occupazione a circa 1000 persone per i 60 anni di vita stimati per ciascun reattore.
È chiaro che l’utilizzo di personale specializzato richiede una maggiore formazione in ambito energetico:istituti tecnici e università stanno infatti incrementando corsi su nucleare e ricerca e sono sempre più numerosi gli atenei che offrono percorsi di laurea legati al nucleare.Il nostro Paese sembra, dunque, sempre più pronto a raccogliere la sfida. Anche dal fronte istituzionale arrivano buone notizie: qualche giorno fa il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani ha annunciato di aver stabilito la sede dell’Agenzia per la sicurezza nucleare e ha definito il ritorno all’atomo “un’assoluta priorità”(http://www.agi.it/research-e-sviluppo/notizie/201102251158-eco-rt10083-nucleare_romani_trovata_la_sede_dell_agenzia). Il ministro ha, poi, spiegato che “dal 2000 al 2010 sono stati pagati 20 miliardi in bolletta per aggiungere un 4% di energia rinnovabile”, sottolineando la necessità di rivedere i cosiddetti “certificati verdi”, che hanno portato all’incentivo di queste fonti energetiche.Anche il responsabile licensing e permitting di SNI (Sviluppo Nucleare Italia) Vincenzo Napoli è ottimista: “È chiaro che il progetto richiede tempi stretti, ma al momento non si vedono enormi criticità – ha spiegato”.