In una sola settimana due amiche mi hanno comunicato di aspettare un bambino, una il primo e l'altra il secondo e la cosa mi ha inspiegabilmente commosso, forse per le storie che si portano dietro, per la posizione che hanno coperto per caso e velocemente nella mia vita. Questo per dire che sono amiche speciali, pur non avendole conosciute tantissimo tempo fa o frequentate intensamente, eppure ci siamo legate a doppio filo, soprattutto nelle conversazioni, scambiandoci ricchezze e energia pura da spendere nelle giornate estremamente difficili. Curioso che una appartenga al mondo più fisico e l'altra alla rete.
"Secondo te quale è il numero perfetto di figli?", mi sento spesso domandare. Va bene, evito di far polemiche. Chiaro che ognuno ha il suo. Qualcuno dovrebbe anche avere il coraggio di dire "zero" e farebbe un piacere a se stessa e al mondo. Ognuno porta dietro la sua esperienza di figlio ma la porta in molteplici modi; poi ci si mette il destino che non fa sempre andare le cose come vorremmo.
Una mia risposta, con il senno di poi, è che non c'è un numero perfetto, ma di sicuro (per me) uno [1] non è il numero giusto. Anche io ho una storia, ultima figlia di tre e distante nove anni dalla seconda e undici dal primo ed una storia fitta di dettagli che possono aver determinato un mio approccio alla numerosità ideale della famiglia, ma sono anche una persona che ha frequentato altre famiglie, le ha vissute e subite e, quindi, alla fine vai a capire chi ci mette in testa il perché e il per come di determinati desideri.
Da piccola, quando giocavo con le bambole e credevo che non avrei mai smesso di farlo, immaginavo che da grande avrei avuto sicuramente tre figli. In seguito è stato un continuo cambiare idea che mi ha lasciato addosso la cicatrice di chi pensa che non è in grado di far crescere neanche una piantina di basilico.
Viva nella mia mente è una vicenda, sempre di conversazione, che racconto spesso, forse perché la devo ancora smaltire. Nato Leo, il giorno successivo al cesareo, quello in cui vorrebbero che già ti alzassi, un'infermiera, di cui vorrei piuttosto sapere il nome invece che definirla per il suo mestiere, vedendomi in difficoltà nell'alzarmi e particolarmente lagnosa, se ne uscì dicendo "ah, QUESTA il secondo non lo farà mai!". Sento ancora quanto bollenti fossero le lacrime che mi scorsero subito dopo per il dolore dei punti e la ferita di quella frase superflua e inadeguata.
Anche più avanti, già arrivata Picca, una mia carissima amica, di fronte alle mie ennesime lamentele da madre sovraccarica ebbe la brillante idea di apostrofarmi con "ma se sapevi cosa avrebbe comportato perché hai fatto pure il secondo?".
Onestamente non lo so con tanta sicurezza.
Ho pensato che a me avere fratelli è sempre piaciuto, ma perché erano molto più grandi di me e mi hanno straviziata; che il secondo mi avrebbe fatto compagnia con il primo, che poi la verità è che sono loro due che se la fanno; che se ce l'avevo fatta con uno, due non poteva essere peggio: l'esperienza è viva e le cose che sembravano insormontabili filano lisce.
Uno + uno per me non è due. E' spesso, ma non sempre, qualcosa in meno.
Il secondo ti fa vivere quanto diversi possono essere i bambini e quindi ti allontana dalla presunzione di avere un'unica soluzione per ogni questione. Difficilmente sentirai dire da chi ha più bambini che "a tutti i bambini non piacciono le verdure".
Più di uno ti fa capire che l'amore non è una risorsa finita e quindi non è qualcosa da dover spartire. Ce n'è e sazia tutti, anche fossero cento.
Capita poi che quando scleri con uno, l'altro ti faccia rinsavire e viceversa: nessuno è migliore degli altri. Scopri quanto ti somigliano ma anche quanto diversi potranno essere da te.
Ho pensato che se da grandi non troveranno le risposte da noi genitori magari avranno un'opportunità in più tra di loro.
Ci sono poi le speranze: che non si odino, che non litighino per la dimensione dell'avere, che si cerchino anche a distanze intercontinentali, che si manchino e che si cerchino e soprattutto che si stimino.
Comunque voi la pensiate quello che un giorno saranno i nostri figli, che sia uno solo o centomila, non dipenderà solo da noi.