Dave Grohl non si rende certo la vita facile. Non molto tempo dopo lo scioglimento dei Nirvana nell'aprile 1994, all'indomani del suicidio di Kurt Cobain, a Grohl fu offerta l'opportunità di andare con Tom Petty and the Heartbreakers. Per lui, un fan di Petty, sarebbe stato un sogno. Ma anche se si unì a loro nel corso di un "Sturday Night Live" quello stesso anno, Grohl ci pensò bene e decise di ricominciare da zero e fare quello che sta facendo ancora oggi: essere il frontman di una band.
Con Wasting Light, Grohl tenta di tornare alle origini, in vari modi: 1) registrare l'album su nastro nel suo garage a San Fernando Valley;2) noleggiare il celebre produttore Butch Vig (Nevermind);3) portare Germs (ex Nirvana), e il chitarrista Pat Smear indietro al mix;4) inserire un membro fondatore nonchè bassista dei Nirvana, Krist Novoselic come ospite di alcune registrazioni. Nelle intenzioni di Grohl, prima che la registrazione iniziasse sul serio, c'era qualcosa di molto intimista: "Mi piacerebbe fare un album fatto in casa. Suonerà come se fosse stato registrato in una casa".
Così non è in realtà. Il suddetto garage è stato costruito con l'arena in mente, e come risultato Wasting Light suona proprio come qualcosa che i Foo Fighters hanno registrato alla fine degli anni '90. E' un prodotto di gran forza, come evidenziato dal rombo di apertura di "Bridge Burning" e "Rope" o nei montanti metallici di "White Limo", col nuovo attacco a tre chitarre che fornisce quel "tonfo" che prima non c'era. Si ha la sensazione che Grohl sperasse di esorcizzare alcuni demoni, e il disco suona come se avesse fatto in modo che questo accadesse. Si avverte un senso di urgenza e di fuoco che forse è mancata negli album più recenti. Un album dal grosso impatto, forse pensato più per i live che ne seguiranno, ottimo su tutti i punti di vista tranne uno: la melodia, quasi sempre trascurata. Un elemento che ha fatto dei Foo Fighters una banb sempre troppo poco alla ribalta tranne che in Inghilterra.