La mossa degli alfaniani, colombe, governativi (chiamateli come vi pare, ma non traditori: non è carino verso chi dovrà tornare – prima o poi – alla casa del “padre”), non è stata molto intelligente. È evidente, almeno per quanto detto da Alfano nella conferenza stampa di ieri per la presentazione del nuovo movimento, che la voglia di andarsene dal Pdl, o meglio di non entrare in Forza Italia, era davvero poca. “Non avremmo mai voluto assumere la decisione di non aderire alla nuova Forza Italia”, ha detto Angelino-leader-del-futuro. Ed è davvero così: il Nuovo Centrodestra non ha un simbolo, non ha una base, non ha un programma e non ha i numeri – se non quelli di Palazzo – per dirsi “il movimento del futuro”. Ma “c’è speranza”. Beati voi.
La brutta copia
Qualcuno doveva forse comunicare ad Alfano che la presentazione del programma di Forza Italia era la mattina all’Eur, non nel primo pomeriggio nella sala stampa dei quotidiani esteri. Infatti, a sentire le parole del delfino senza il quid (che pensa di aver trovato: sarà vero?), il programma del Nuovo Centrodestra è un copia e incolla di quello che fu scritto in campagna elettorale per il Pdl, che era diventato il cavallo di battaglia della compagine del centrodestra nelle larghe intese e, in fondo, sono le stesse cose uscite dalla bocca di Berlusconi nel suo discorso fiume alla rifondazione di FI. Meno tasse, meno stato, meno Equitalia: la “classica ricetta liberale”. Per non farsi mancare nulla, il capo dei governativi ha battuto più volte il martello su temi come l’immigrazione e il ”siamo l’alternativa alla sinistra”. E poi Bipolarismo, addio alla Bicamerale perfetta, elezione diretta dell’esecutivo. Niente di nuovo sotto il sole, ci verrebbe da dire. E così è: se Alfano avesse presentato questo programma alla convention dei nuovi forzisti, avrebbe strappato applausi. Anche ieri l’ha ottenuti, ma dai suoi “colleghi di frattura” e da qualche giornalista della stampa estera. Quella che ha non molto in simpatia il “padre politico” di Angelino ed esulta spesso alle diaspore dalle formazioni politiche del Cav. Manca solo l’apprezzamento di Repubblica e l’eterno riposo politico delle colombe è assicurato.
Un piccolo strappo nel programma politico del NC esposto da Angelino, però, c’è: la quasi totale assenza di riferimenti alla vicenda giudiziaria di Berlusconi. “Anche in caso di decadenza, voteremo la fiducia al governo”, ha detto Alfano, evidenziando qual è l’unico motivo – se mai non fosse stato chiaro – della frattura con FI: il governo non si tocca. È una scelta, che qualcuno potrebbe dire “responsabile”, ma politicamente sciocca. L’avevamo detto qualche giorno fa: Alfano deve portare il centrodestra oltre Berlusconi, non contro. Così non ha fatto, preferendo creare un partito opposto al Cavaliere. Gli elettori, finita l’esperienza del governo Letta e decaduto così l’unico motivo di esistere del Nuovo Centrodestra, andranno davvero alle urne per mettere la croce sul nuovo simbolo? Forse qualche reduce e nostalgico della “cosa bianca” ci potrebbe cascare, ma non sono tanti.
Il futuro del Centrodestra
Il leader del Nuovo Centrodestra, spesosi tutta la sua vita politica alle spalle del Cav per “l’unità dei moderati”, non ha ucciso il Pdl. Quello si è ammazzato da solo, con l’aiuto di Fini. L’esperienza del Popolo delle Libertà ha evidenziato che in Italia, purtroppo o per fortuna, non siamo fatti per il bipartitismo. Già il bipolarismo ci sta stretto, figuriamoci convogliare le innumerevoli differenze delle ancor più numerose correnti delle varie aree politiche in un grande partito. Berlusconi (e in parte anche il Pd) ci ha provato, ma non è andata bene. Ben venga, quindi, un ritorno alla Casa delle Libertà o quello che sarà: un nome diverso darebbe almeno l’illusione che qualcosa in vent’anni sia cambiato.Eppure viene da chiedersi: in una coalizione simile, quando tra qualche mese Letta sarà un ex Primo Ministro (12 è un’esagerazione, Angelino), che senso avrà avere due partiti uguali, FI e NC? Due gemelli che, in quel momento, non avranno più il punto di scontro – la fiducia al governo Letta – che li ha divisi ieri. Nessuna logica, e probabilmente le pecorelle smarrite vorranno (o saranno costrette) a tornare nell’ovile. A quel punto, però, Alfano non avrà più la legittimazione per essere il nuovo leader.
L’elettore berlusconiano l’ha dimostrato già altre volte: perdona con difficoltà sgarbi simili.
Giuseppe De Lorenzo