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Il nuovo giorno della Cgil

Da Brunougolini
Ora incomincia il nuovo giorno della Cgil. L’allusione non è al nuovo gruppo dirigente che subentrerà alla segreteria di Guglielmo Epifani  fra un paio di mesi. Meglio riflettere sulle sfide che aspettano il sindacato. Il Congresso ha vissuto le ore cruciali -  con gli echi che andavano da Atene a Bruxelles – sui drammi che attraversano il globo e sulle ripercussioni minacciose sul mondo del lavoro. La proposta avanzata – un piano del lavoro – è una risposta. Non è la pedissequa ripetizione di un documento lanciato negli anni 50 da Giuseppe Di Vittorio. Non è nemmeno, come qualcuno ha detto, una semplice somma di operazioni troppo costose. Contiene indicazioni concrete con l’impegno a non sottrarre da un proprio coinvolgimento gli stessi lavoratori. Non staranno a guardare la casa che brucia.
Almeno questa volta la etichetta del “signor No” incollata al segretario della Cgil, non dovrebbe essere adottata. E sarà necessario, come ha chiarito Epifani, far diventare quel piano un fatto vivente, nei territori, nelle iniziative.
La Cgil esce così dal Congresso unita, con la sua forte maggioranza, ma anche divisa, con una minoranza che non è stata convinta a rinunciare alle proprie distinzioni, come ha testimoniato il sereno e severo intervento di Gianni Rinaldini. Non è chiaro se l’approdo sarà quello di una vera e propria corrente organizzata come vorrebbe Giorgio Cremaschi, E comunque rimane salda quella carta costituzionale costituita dal programma fondamentale voluto da Bruno Trentin ed ora aggiornata. Le scadenze sono però tali da far tremare le vene e i polsi. Alla crisi economica devastante si accompagna l’offensiva del centrodestra tesa a stravolgere lo statuto dei diritti dei lavoratori. C’è un nuovo sistema contrattuale da conquistare, così come una vera riforma del fisco e una riforma delle norme sulla rappresentanza e sulla democrazia sindacale. Sono obiettivi discussi  sui quali Raffaele Bonanni è sembrato manifestare un’apertura. La linea di Epifani è quella di non ritrarsi dal confronto, di non chiudersi in un atteggiamento di pura resistenza. La minoranza ha tentato di porre alcune condizioni come quella di elaborare un nuovo modello contrattuale sostenuto da una consultazione tra i lavoratori.
C’è un nodo di fondo e riguarda il rapporto tra Confederazioni e categorie. La maggioranza ha approvato norme di statuto che determinano un rafforzato ruolo confederale. La minoranza ha reagito con veemenza sostenendo che così si mette in forse la tradizionale natura pluralista di una Cgil capace di far colloquiare le categorie con il centro confederale. Saranno i fatti anche qui a chiarire tali rapporti. Certo se si trovasse il modo, ad esempio, di rendere omogenee e non dissonanti certe linee rivendicative, non sarebbe male.  Quello che bisognerebbe impedire ad ogni costo è il rischio di “balcanizzazione” additato nel corso del suo appassionato intervento da Carla Cantone, segretaria generale dello Spi.

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