Poco tempo fa, in una sua aspra e criticatissima recensione pubblicata su «Fumetto d’Autore», Giorgio Messina ha definito Davide La Rosa come un ‘bug’ del sistema, stroncando senza mezzi termini l’ultima pubblicazione del giovane autore comasco. Nella postfazione a Il nuovo romanzo di Dan Braun, invece, Daniele Barbieri – che non è esattamente un Signor Nessuno – lo glorifica definendolo un genio.
Come in ogni cosa, la verità sta nel mezzo.
Chi si affretta a definire il lavoro di La Rosa come «una scemenza disegnata male» e paragona i suoi fumetti alla genialità di Leo Ortolani con il solo scopo di demolirli tavola per tavola, non ha tutti i torti. Ma fa ugualmente la figura di chi non ha la lungimiranza necessaria a capire che il pubblico anela questi prodotti che nella loro semplicità disarmante rompono gli schemi del fumetto classico e inondano il mercato di un’innovatività e di un potenziale comico che altri hanno smarrito lungo la strada del successo e del profitto, assoggettati come sono alle regole del marketing.
I disegni di Davide La Rosa sono di una semplicità quasi disturbante. Omini stilizzati senza la minima traccia di studio; di tridimensionalità e rispetto delle regole anatomiche manco a parlarne. Roba che un bambino delle elementari saprebbe fare di meglio. Ma sfido ad avere il coraggio di proporsi a un editore pur con la consapevolezza di non saper disegnare, venire pubblicato e ottenere un successo di vendite che porta quasi alla santificazione all’interno del claustrofobico ed elitario Fumettomondo.
Al di là dei disegni talmente insipidi da diventare efficacissimi, La Rosa scrive una storia (forse eccessivamente prolissa, questo va ammesso) che non contiene sbavature, che è solo apparentemente sgangherata e priva di raccordi fra le sottotrame, ma che è sopratutto esilarante. Zombie partigiani e zombie fascisti (sì, ancora zombie, dopo quelli gay in Vaticano) si fronteggiano, mettendo a ferro e fuoco un paesino nei pressi del lago di Como, mentre un manipolo di ninja e la troupe di Roberto Giacobbo si barricano nella chiesa locale e si preparano al contrattacco.
La comicità del Dan Braun, però, nulla ha a che spartire con il già citato Leo Ortolani e con il suo celeberrimo Rat-Man. Qui si toccano i temi della politica e della religione, arrivando a dissacrare quest’ultima senza alcuna riserva (basti pensare alla Madonna-ninja che sconfigge gli zombie a colpi di ‘raggio di Pentecoste’), in un trionfo del genere demenziale.
Insomma, Davide La Rosa è un gran furbo che prende in giro lo stesso mercato del fumetto nel quale si sta facilmente imponendo come nuovo fenomeno italiano, dopo il collega di casa editrice Pierz e il popolarissimo Daw. L’ineccepibile qualità dei disegni di certi autori viene ridotta all’osso e ridicolizzata, l’artificiosità delle trame scomposta e instupidita. Un po’ come inscatolare merda d’artista o fare di una zuppa un’opera d’arte. E se questa non è genialità ci si avvicina parecchio.
Angela Pansini
Davide La Rosa, Il nuovo romanzo di Dan Braun, Nicola Pesce Editore, 144 pp. In b/n, € 7,90