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Il paese dei balocchi

Creato il 08 novembre 2011 da Queenseptienna @queenseptienna

Il paese dei balocchiNon nutro nessuna pregiudiziale ideologica nei confronti del Natale in se stesso. Anzi.

Ho sempre pensato che, sia da un punto di vista religioso che laico, abbia un significato di tutto rilievo. Che Cristo fosse un illuminato, un grande uomo o il figlio di Dio, il messaggio simbolico della sua nascita è innegabile.

E mi fermo subito, democraticamente e rispettosamente propensa a lasciare che ciascuno scelga il suo modo di vivere o meno una ricorrenza festeggiata in tutto l’occidente.

La cosa  che trovo oltremodo irritante, invece, è lo scippo sistematico e sempre più anticipato di quella stagione che sta tra l’estate e l’inverno e che, un tempo, mi pare di ricordare si chiamasse autunno.

In  alcune zone d’Italia (cronaca terribile di questi giorni) la conoscono bene, per via delle piogge torrenziali di questi ultimi otto/dieci anni.

Malgrado il disastro (che, comunque, non è imputabile soltanto a cause naturali) mi sento di esprimere la mia simpatia a  una stagione che può regalare anche tanta bellezza, suggestioni romantico/malinconiche, colori imbizzarriti e una temperatura un po’ più vivibile di quella delle nostre torride e infinite estati.

Ecco perché mi piace calpestare tappeti di foglie variopinte, sguazzare come una cretina tra le pozzanghere e godermi l’aria ripulita dalla pioggia, con spirito volto alla contemporaneità della situazione. Ecco perché, nonostante le castagne quest’anno siano falcidiate dalle larve killer, spero sempre d’imbattermi nella figura  rassicurante di un caldarrostaio che mi venderà un risicato cartoccetto al prezzo dell’agognata borsa in vera ecopelle umana addocchiata da un po’.

E se infine decido che il 3 novembre è un giorno perfetto per entrare  in un negozio di bricolage, lo faccio perché trovo che  l’autunno inviti a fare qualche confortante lavoretto di casa; tipo tinteggiare una parete con i gialli, gli ocra o i marroni ruggine che sfoggiano in questa stagione le foglie appena calpestate.

Ciò di cui, al contrario,  farei volentieri a meno è scoprire che nel suddetto negozio viaggiano col calendario dei puffi,  dal momento che la vetrina è sprayata di Merry Christmas un po’ dappertutto.

E all’interno è ancora peggio.

Il reparto giardinaggio è stato relegato in un angolo, sul retro. Così come sono stati spostati e accatastati altrove (?) gli oggetti d’arredo per il bagno, le cornici, le tovaglie e  i cuscini. Gli scaffali che prima ospitavano una scelta infinita di lampadine a risparmio energetico, sono stracarichi di casette, capannine, statuine, alberelli, alberoni, decorazioni, presepini miniaturizzati, luminarie, rotoli di carta da regalo, cordicelle multicolore, candeline dorate e Babbi Natale a nastro.

Tutta la parte anteriore del negozio si è trasformata in una rappresentazione a metà strada tra Disneyland, il paese dei balocchi e la  via centrale di Helsinky tra più di un mese e mezzo.

Passi il kitch senza limiti e la confusione che regnano sovrani. Passi l’isteria dei commessi che sembrano terrorizzati dall’idea di non riuscire ad esporre tutta la merce per tempo. Passi il mancato rifornimento di quello che stavo cercando (dell’idropittura desiderata rimane solo l’argento e il violetto; come dieci giorni fa). Passi anche il viaggio nel tempo e lo scippo dell’autunno, ma porco cane! Come si fa ad essere così oltraggiosamente scollegati dalla realtà?

Qualcuno ha spiegato al merchandising e ai commercianti che l’Italia è sull’orlo del tracollo? Che la gente continua a perdere il lavoro e  sempre più famiglie “normali” stanno varcando la soglia della povertà? Che le misure per la crescita non  convincono e che l’Europa ci ha commissariati?

Cos’è… veramente si sono bevuti la storia dei ristoranti pieni, degli aerei stracolmi e della crisi montata dai giornali, dalla stampa estera e dai comunisti?

Altro che alberi fluorescenti, presepi telecomandati e cenoni da mille e una notte. Quest’anno più di altri, c’è gente per cui il Natale rappresenta un incubo perché (forse) coinciderà con il suo licenziamento, la cassa integrazione, una maxi rata che non sa come pagare o promesse che non potrà mantenere.

E perché la chiesa, il Papa, i cattolici tacciono sempre? Eppure è uno di quei casi in cui dovrebbero far sentire la loro voce! Di fronte a una coercizione consumistica che si protrae per quasi due mesi all’anno nel nome di Cristo, non potrebbero ricordare che proprio lui, un giorno, scacciò i mercanti dal tempio, facendo un casino che metà bastava?

Non potrebbero invitare tutti a un’austerità più confacente a ‘sta nottata che non passa mai?

Comunque vadano le cose per l’attuale governo (che sembrerebbe agli sgoccioli), nessuno sa cosa succederà tra una settimana. Figuriamoci a Natale. La vita di (quasi) tutti è cambiata in peggio. Per  i giovani, per gli anziani e per le famiglie.

Non c’è  italiano che non si chieda se tra qualche mese avrà ancora il suo lavoro, se ne troverà un altro, se potrà pagarsi le tasse universitarie, il mutuo o la rata della macchina. Se dovrà tagliare qualunque cosa non sia strettamente vitale e se dovrà rinunciare persino alla consueta settimana di vacanza alla pensione Mariuccia di Viserbella.

Il futuro è talmente incerto da rendere precari persino i sogni.

Una sola cosa è  indubitabile, inarrestabile e inesorabile come la morte: tra 48 giorni arriverà Natale. E saremo tutti più buoni.

 


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