Il Paese dei quattro Cantoni

Creato il 20 maggio 2015 da Albertocapece

Se c’è una cosa che riesce agevole in questo Paese è essere profeti di sventura: i meccanismi con cui si tiene in piedi l’ideologia dell’ottimismo sono talmente vecchi, usurati e scoperti che possono depistare solo i ciechi o chi fa dell’autoinganno la propria ancora di salvezza, il proprio alibi. Così non ci voleva molto a capire che l’operazione Cantone, per tamponare in qualche modo gli scandali dell’expò e sterilizzare la reazione dell’opinione pubblica, era un mezzuccio, una sorta di marchingeno teatrale. Anzi la cosa era scritta nero su bianco non appena si usciva dall’enfasi mediatica e si andavano a leggere le clausole in piccolo.

E infatti ieri se ne avuta dimostrazione con la conferma di una gara di appalto in Sicilia per un centro “gestione” dei richiedenti asilo che era finito nell’occhio del ciclone dopo lo scandalo di Mafia Capitale: uno dei consulenti del centro era infatti Luca Odevaine. Tutta la vicenda è raccontata qui ma la sostanza è che un ricorso fatto a suo tempo presso l’Autorità Anticorruzione, per annullare la gara d’appalto, è finito in nulla perché il parere di questo organismo non è vincolante. Circa un anno fa (qui) avevo scritto, fra il tiro a pallettoni dei bracconieri di gufi, un post contro i giochini del baro Renzi che appunto costruiva una moralità di cartapesta – con tanto di eroe chiamato a sconfiggere il male, ma con armi di cartone – aperta  ad ogni lottizzazione e forzatura politica. Qualcosa che ha trovato conferma mesi dopo con l’affaire De Gennaro che ha visto Cantone scendere immediatamente in campo a favore del capo della polizia al tempo della Diaz  mostrando di essere più che una medicina un belletto per nascondere le piaghe dell’Expo,un San Giorgio in cartolina.

E’ la stessa cosa che accade con la tanto sbandierata legge contro gli ecoreati che risulta così ambigua da costituire un condono aggravato e continuato nei confronti dei grandi inquinatori, scardinando i processi in essere e impedendone di futuri: i disastri ambientali saranno reati  solo se causati “abusivamente” ossia se chi li genera non ha autorizzazione a produrre o a funzionare. Ma di certo l’Ilva o l’Eternit  non sono e non erano abusive e avevano tutte le autorizzazioni del caso. Questo senza dire che la necessità imposta di lunghi studi per accertare in maniera inequivocabile il reato, secondo la gaya scienza del liberismo multinazionale, ma asolutamente ridicolo per la scienza vera e l’ambiguo meccanismo di ravvedimento operoso, rendono in pratica quasi inapplicabile la legge stessa, impunibili i rei e impossibile la tutela e la difesa dei cittadini.  Pochi si sono accorti del trabocchetto e molti hanno finta di non accorgersene, hanno taciuto e applaudito il valore puramente simbolico della legge. Così come molti gongolano perché “adesso c’è una legge”, non riuscendo a immaginare che in questa Italia e in questo quadro da Ttip, spesso è proprio la norma che definisce il reato a renderlo impunibile e a ridimensionarlo eticamente eclissando gli effetti di devastazione ambientale, di attentato alla salute o di morte e portando in primo piano il balletto delle procedure.

Questo vale pure per la famigerata legge sulla tortura o il decreto sul femminicidio, tanto per citare le normative più note di tutta una produzione legistlativa del medesimo tenore: tutti provvedimenti retorici che inaspriscono le pene per rendere poi , l’accertamento del reato difficoltoso, impossibile o indefinibile. Non è certo solo un caso: in una società liberista a democrazia ridotta o puramente formale, dove la libertà di impresa e l’intoccabilità del profitto costituiscono il centro dell’agire sociale e fanno aggio su qualunque cosa, queste dinamiche sono assolutamente normali. Ciò che le contraddistingue nel nostro Paese non è tanto l’intenzionalità di fondo quanto semmai il modus operandi truffaldino divenuto tipico di un milieu politico coperto dai media oltre la decenza, la difesa attiva della mentalità corporativa e del notabilato, il moralismo ipocrita che fa da schermo all’immoralismo palese.

Insomma si gioca perennemente ai quattro Cantoni, senza che mai nessuno si rifiuti di essere specchietto per le allodole. E si sa che è un bel problema per gli specchietti guardarsi allo specchio.


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