La cultura giapponese può essere affascinante, intrigante, misteriosa, pesante oppure semplicemente lenta; in ogni caso è certamente differente dalla nostra.
Come pessimo esempio di individuo latino, devo dire che le atmosfere pacate non mi hanno mai creato problemi; la stessa cosa vale per i film o i libri cosiddetti lenti.
Anzi, preferisco decisamente questo tipo di contesto alle famigerate feste con bella gente, ragion per cui il mio sguardo è spesso rivolto verso il mondo esterno, in particolar modo a nord.
Oltretutto il mio spirito antagonista mi ha portato ad affrontare questa lettura nella miglior predisposizione possibile, specialmente dopo averne sentito pessimi commenti da parte di alcuni amici.
Come sempre ho affrontato la lettura partendo da zero, non leggendo cioè nulla sulla trama o sull’autore, neanche la quarta di copertina proprio per non essere condizionato in nessun modo da nulla che non fosse il romanzo vero e proprio.
Cominciando la lettura con curiosità ed attenzione ho trovato fin da subito alcuni elementi che mi sono piaciuti pur non essendo poi così originali: il gioco di specchio del finestrino e il mistero su un paio di personaggi.
Certamente si tratta di un libro abbastanza lento, ma alla prova dei fatti neanche poi cosi tanto.
Ci sono diversi cambiamenti di scenario, pur rimanendo tutta la vicenda sostanzialmente incentrata sui due personaggi principali, Shimamura e Komako con la figura di Yoko sullo sfondo.
La storia passa per tre stagioni: c’è la parte iniziale ambientata in inverno con la neve che la fa da padrona, c’è la seconda parte presumibilmente collocata verso l’estate quando gli insetti depongono le uova e bisogna fare attenzione alle tarme e c’è l’epilogo ambienta alla fine dell’autunno, quando tutto è colorato dal rosso delle foglie d’acero.
Curioso venire a conoscenza del fatto che questi scenari fossero motivo di turismo da parte dei cittadini, in particolare degli abitanti di Tokyo.
In ogni caso questo è solo un esempio per dire che il romanzo in realtà è più attivo di quanto possa sembrare ad una prima occhiata.
Una cosa in particolare mi è piaciuta molto in questo libro: mi ha incuriosito.
E’ molto importante per me che ci siano diverse cose stimolanti; ad esempio la lettura di alcuni degli aspetti della vita di una geisha (il contratto a tempo, la musica, il canto, le varie cerimonie) mi ha invogliato a cercare notizie più precise, così come sentire parlare del Chijimi, un lino lavorato in maniera particolare, ha prodotto lo stesso risultato.
Gli aspetti della cultura giapponese ovviamente influiscono sul comportamento delle persone, ma alla resa dei conti le persone sono più o meno uguali in tutto il mondo.
In ogni caso preferisco culture più tradizionali rispetto all’atteggiamento da festa spesso solo superficiale che sembra essere molto in voga ultimamente.
Una cosa però ancora non mi è chiara in questo libro e cioè cosa si intenda quando si parla del no.
Confido che qualcuno possa colmare questa lacuna; magari nel prossimo libro di Yasunari troverò più indizi.
Il consiglio è quello di svuotare la mente prima di cominciare la lettura e cercare di vedere solamente il mondo che viene raccontato.
Solo in questo modo si riesce ad entrare nelle storie e nella mente dei personaggi.
Ma questo sarebbe un atteggiamento da tenere con continuità in molti aspetti della vita e non solo nel campo della lettura, in modo da scaricare le pesantezze che ci portiamo dentro e presentarci senza preconcetti di fronte alle novità che si incontrano.
Tempo di lettura: 3h 58m