Magazine Cinema
Visto al Festival di Cinema Africano (fuori concorso).
La storia tratta dal libro autobiografico di Choukri, una storia di un ragazzo nato nella povertà di un Marocco coloniale, con padre violento e fratelli che ad uno ad uno verranno persi; sfruttato ripetutamente, come forza lavoro e come prostituto, arriverà ad essere arrestato come sospetto contestatore anti-francese. In carcere incontrerà un uomo che gli insegnerà a scrivere dandogli al possibilità di divenire insegnante e poi scrittore.
Una storia che sarebbe stucchevole se fosse tutta li e se non fosse vera. In realtà il film dovrebbe essere un film duro, dove omicidi, violenza sulle donne, violenza psicologica e abusi sessuali sono reiterati e continui. Un film (sulla carta) duro.
Tuttavia, a mio avviso, non raggiunge il suo scopo.
Il regista sembra voler rendere chiare ed evidenti i personaggi ed i loro rapporti in troppo poco tempo; non c'è empatia con loro, non si intuiscono i sentimenti, anzi, le emozioni vengono sempre dichiarate; i personaggi non crescono e non comunicano, si prende atto che siano amici perché fin dall'inizio si comportano come se lo fossero, si prende atto di amore od odio perché il protagonista lo dice direttamente.
Se a questo si aggiunge una messa in scena bella, ma evidentemente finta (forse questo dettaglio è dovuto al fatto che si è visto su uno schermo [!] ad alta definizione); con alcuni degli usi peggiori del green screen; l'utilizzo di attori che non riescono neppure a fingere di morire senza prendere a piene mani dai cliché delle recite delle medie; infine ci si metta pure qualche inutile rallenty, un uso pornografico (ma comunque emotivamente nullo) delle musiche e delle luci; ecco se si aggiunge tutto questo si ha un'idea del tipo di film.
Ed è un peccato perché le tematiche in gioco sono tantissime.
Non è un film pessimo, ma una buona fiction televisiva; si fosse limitato a quello sarebbe assolutamente accettabile.
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