La crisi matrimoniale dei figlioli è di sicuro una delle situazioni che più addolora noi nonne. Preoccupate in primis per gli effetti negativi sui nipotini e spesso afflitte da un senso di colpa più o meno palese se il coniuge “colpevole” (in verità è ben rara una responsabilità unica), lui o lei, è stato educato da noi. Gran parte delle separazioni avviene in modo non tanto civile e rispettoso; accuse, recriminazioni, strumentalizzazione dei bambini peggiorano il quadro. Si pongono inoltre non pochi problemi pratici e spesso noi nonne siamo pesantemente coinvolte.
Le statistiche confermano ciò che notiamo guardandoci attorno. Più svantaggiate sono le mamme. I figli vivono in prevalenza con loro, anche quando l’affidamento è condiviso, e spesso i papà vengono meno ai loro doveri economici, tanto che in questo blog compare quasi ogni giorno la domanda “se il padre non paga, debbono intervenire i nonni?”.
Tuttavia anche per i padri separazioni e divorzi risultano tutt’altro che indolori. L’afflizione più frequente riguarda la difficoltà di incontrare i figli con serena regolarità, in quanto le ex mogli, variamente risentite, ostacolano il mantenimento del rapposto. Malissimo, si capisce: la rottura dovrebbe comunque preservare quanto più possibile la funzione di entrambi i genitori. Naturalmente esiste in proposito un’articolata legislazione e, visto che siamo in Europa, essa dovrebbe garantire un trattamento paritetico ai cittadini dei vari paesi, anche per quanto riguarda i legami familiari. Non pare che la giustizia italiana ci riesca… Riporto parte dell‘articolo dell’avv. Claudio Sansò, apparso ieri nel sito dell’AMI, l’associazione di matrimonialisti italianiNon è di certo la prima volta che il nostro Paese venga bacchettato in sede europea. In questo caso i giudici di Strasburgo segnalano l’assoluta inerzia della nostra Magistratura rispetto all’impossibilità di un padre separato che non riesce a vedere la figlia.
“Il tribunale è impotente dinanzi all’ostruzionismo dalla madre, risulta incapace di garantire all’uomo un effettivo esercizio del proprio diritto”. Purtroppo, in alcuni casi manca il coraggio da parte dei giudici di provvedere severamente e d’urgenza rispetto a situazioni patologiche, ove il genitore collocatario si arroga il “diritto di vita” dei figli e Strasburgo pretende di più. “Nelle questioni di diritto di famiglia, l’adeguatezza delle misure adottate dalle autorità giudiziarie si misura anche in base alla rapidità con cui le stesse vengono messe in esecuzione. Nel caso di specie, però, la burocrazia ha lasciato decorrere troppo tempo (la sentenza di separazione era del lontano 2003), tanto da compromettere definitivamente una sana e regolare relazione tra padre e figlia”.
Per questo ha condannato l’Italia per violazione del diritto al rispetto dei legami familiari. Secondo i magistrati europei, il nostro Stato non riesce a far adempiere le sue stesse sentenze in tema di famiglia.
Lo Stato italiano dovrà risarcire un padre che aveva ottenuto, con la sentenza di separazione, il diritto a vedere periodicamente la propria figlia di sette anni. Tale provvedimento, tuttavia, non era mai stato rispettato dalla madre, che aveva sempre frapposto un atteggiamento ostruzionistico. L’uomo non è riuscito a vincere tale resistenza in nessun modo, neanche con l’intervento dei servizi sociali. Così si è rivolto alla Corte di Strasburgo che, ancora una volta, ha criticato fortemente il nostro sistema giudiziario.
La sentenza della Corte dei diritti dell’uomo ha riconosciuto al padre un risarcimento del danno morale pari a 15 mila euro: magra consolazione rispetto al legame con la figlia ormai compromesso.
La stessa Corte ha stigmatizzato anche l’operato dei nostri servizi sociali: sarebbero fallimentari, perché non in grado di superare gli ostacoli materiali. Le misure adottate sono spesso automatiche e stereotipate.
Una conferma di quel che purtroppo sappiamo già: nel Belpaese il richiamo all’Europa viene utilizzato dai governanti a danno dei cittadini, mai a loro favore!
Quanto a noi nonne, inutile, spero, rimarcarlo: qualora fosse una nostra figliola ad adottare un simile comportamento, dovremmo tentare in ogni modo di ricondurla alla ragione. Per quanto “colpevole” possa essere stato il marito, nostro ex genero, i suoi diritti di padre vanno rispettati, sopprattutto nell’interesse dei nipotini.
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