Paradossalmente alcune tra le più diffuse classi di antidepressivi utilizzati anche in Italia possono aggravare la depressione
Paradossalmente alcune tra le più diffuse classi di antidepressivi utilizzati anche in Italia possono aggravare la depressione stessa e provocare effetti avversi anche gravi. È quanto emerge da uno studio dei ricercatori canadesi della McCaster University.
La ricerca è stata effettuata paragonando gli effetti dei più moderni e diffusi antidepressivi, gli “inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina” (SSRI) ad un gruppo trattato con placebo. I livelli di serotonina alterati dai farmaci possono produrre tutta una vasta gamma di effetti indesiderati: dai problemi digestivi a effetti collaterali più seri come difficoltà nella sfera sessuale, ictus e morte prematura. Pochi tra gli psicofarmaci esaminati nello studio offronobenefici per la maggior parte delle persone affette da depressione da lieve a moderata, mentre offrono un aiuto attivo soltanto ad alcuni tra i pazienti più gravemente depressi.
Dallo studio è poi emerso che gli antidepressivi SSRI interferiscono con l’attività cerebrale, lasciando il paziente vulnerabile ad una depressione di 'rimbalzo' che spesso si presenta con intensità ancora maggiore rispetto a prima dell’inizio della terapia.
I farmaci SSRI inoltre possono interferire con tutti i processi fisici che sono di norma regolati dalla serotonina: per esempio, quantità significative di questa sostanza sono presenti nell’intestino, in quanto essa è utilizzata per controllare la regolarità della digestione, formare coaguli di sangue nei punti di cicatrizzazione e anche regolare la riproduzione e la crescita dell’organismo, equesta è la ragione per la quale queste classi di psicofarmaci possono causare problemi di sviluppo nei minori.
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