I cronisti che erano presenti hanno riferito che, quando l’ha detto, tutti hanno riso. È successo lunedì, alla tradizionale conferenza stampa che il Landeshauptmann tiene per comunicare le decisioni della giunta. A un certo punto, parlando di un bando per la Rai ladina che non ha sortito la nomina di alcun vincitore, Durwalder ha spiegato: “Purtroppo si cercava un giornalista con l’accento della Val Gardena e non si è presentato nessuno”. Allora tutti hanno sghignazzato.
Siccome la cosa mi sembrava un po’ esagerata, ho cercato il bando di concorso. Ma era proprio così: “I candidati devono conoscere l’idioma gardenese”. Un ladino della Val Badia, ma anche della Val di Fassa, di Livinallongo, di Col o di Ampezzo non aveva proprio nessuna speranza. O idioma gardenese o niente.
Mi sono messo allora a fare ulteriori ricerche. Possibile che non si sia presentato proprio nessuno? Un mio conoscente – anch’egli ladino, ma non gli ho mai chiesto se fosse gardenese o della Val Badia – mi ha svelato un retroscena interessante: “Si sono presentati quattro gardenesi, di cui due si sono ritirati, di uno non so ancora, e la quarta persona è stata respinta perché incapace. Si era presentato anche un giornalista della Val Badia che ha fatto bella figura, ma è stato escluso perché, appunto, della Val Badia”. Chi si è ritirato, aggiunge la mia fonte, l’ha fatto perché le condizioni economiche non erano state giudicate soddisfacenti.
Il concorso dunque si rifarà. Con una modifica: rispetto alla selezione precedente, la restrizione che aveva suscitato tanta ilarità è stata rimossa. Ciò significa che l’unico vincolo sarà rappresentato dall’appartenenza al gruppo linguistico. Anche se in realtà continuano a essere esclusi i ladini di Fodom, Col e Ampezzo.
Ora, sarebbe fin troppo facile esercitarsi ironicamente su un caso del genere. Il fatto che le varianti ladine esistano, siano anche piuttosto diversificate tra loro, e che perciò nella redazione ladina della Rai si voglia gestire il problema con una sorta di “proporzionale interna” a un unico gruppo linguistico, non deve sorprenderci più di tanto. I ladini sono del resto sufficientemente discriminati all’esterno della loro enclave protetta per non aver assimilato in minima parte la logica che prevede un’attenzione quasi maniacale alle differenze (ossessione che qui da noi si chiama “tutela delle minoranze”).
Bisognerebbe però davvero chiedersi se, applicando il principio della tutela fino al parossismo, ovvero inseguendo la specificità in ogni sua possibile piega, non si faccia poi anche un pessimo servizio al buon principio che in qualche caso la legittima.
Corriere dell’Alto Adige, 27 luglio 2013