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Il Parlamento sardo unanime sulla lingua. In quello italiano, i sardi assenti
Creato il 03 agosto 2012 da ZfrantziscuLa rissa continua che sembra dominare i lavori del nostro Parlamento, almeno a leggerne sui giornali, si è presa una benedetta pausa e all’unanimità ha approvato un ordine del giorno a tutela della lingua sarda, seriamente minacciata dalla proposta di ratifica della Carta europea delle lingue di minoranza. Nel loro documento, i consiglieri regionali affermano che la proposta del Governo Monti “desta notevoli preoccupazioni in quanto contiene delle forti limitazioni per il sardo proprio in due settori strategici per la promozione della lingua sarda quali l'istruzione e l'informazione, laddove sarebbe più congruo e auspicabile un assetto di tutela più stringente e adeguato alle caratteristiche dell'idioma regionale”. Affermano, quindi, la convinzione “che l'elemento identitario della lingua possa costituire un punto di forza per far valere le ragioni della nostra Isola anche ai fini della rivendicazione dei seggi rappresentativi della Sardegna nel Parlamento europeo, come ribadito dallo stesso Parlamento europeo nel progetto di relazione 2007/2207 (INI) che dispone che "gli Stati membri potranno istituire circoscrizioni speciali per venire incontro alle esigenze delle comunità appartenenti alle minoranze linguistiche"”. E alla fine chiedono al Parlamento italiano “di prendere nella dovuta considerazione, in sede di ratifica della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie (disegno di legge n. 5118/XVI), le istanze sopra rappresentate affinché la lingua sarda possa vedere garantiti i massimi livelli di salvaguardia e promozione in ogni settore della vita economica e sociale, con particolare riguardo all'ambito dell'istruzione e dell'informazione, in modo tale da consentire una sua piena ed effettiva tutela, tenuto conto del valore storico, identitario e culturale della stessa”. Come si vede, si tratta di un documento importante, pur se forse dà per scontata la tiepidezza di alcuni deputati regionali e dei loro gruppi i quali non hanno voluto che la tutela del sardo, oltre agli ambiti dell’istruzione e dell’informazione, si estendesse anche a quello della giustizia. La Carta europea lo prevede e il Governo Monti ha deciso di assicurarla alle lingue come il tedesco, il francese, il croato e lo sloveno, tutelate da trattati internazionali. Siamo, ahinoi, nelle condizioni di doverci accontentare: l’unanimità può rappresentare un segnale forte al Governo del fatto che i rappresentanti dei sardi in Sardegna sono tutti per la difesa della lingua. Cosa che, purtroppo, non capita nei loro rappresentanti che i sardi hanno mandato a Roma, se non nel caso dell’Idv Palomba e dell’Udc Mereu, come in questo blog si è scritto. C’è chi nel Parlamento italiano usa i toni forti da capopopolo e poi, davanti alla questione principe della lingua sarda, tace, come si trattasse di una cosettina da nulla. Ieri, alla Camera si discuteva della Revisione di spesa (quel provvedimento in cui si è intrufolata la discriminazione tra lingue nobili e dialetti come il sardo, il friulano e l’occitano). Mauro Pili, deputato del Pdl, ha lanciato accuse di fuoco contro il Governo Monti, affermando che alcuni provvedimenti economici rappresentano “un vero e proprio golpe costituzionale perché cancellano di fatto le regioni a statuto speciale e lo fanno nel modo più bieco e violento della storia repubblicana. Si tratta di un agguato vero alla Sardegna e alle regioni a statuto speciale”. Una levata di scudi in difesa dell’autonomia, quella di Mauro Pili che ha annunciato il suo voto contrario. Filippica sacrosanta, per l’amore del cielo. Se non fosse che del golpe contro la lingua sarda, e quelle friulana e occitana, neppure si è accorto. Come se specialità della Sardegna risiedesse davvero nella sua insularità e nel differenziale economico, secondo quanto amano pensare gli economicisti. Senza rendersene conto, Pili sta dando ragione a quella scuola di pensiero (che dovrebbe essergli estranea, data la sua collocazione politica) secondo cui le specialità sono destinate a scomparire, una volta scomparso o attenuato il gap economico.
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