De Magistris a una manifestazione del partito Arancione
Siamo da oggi in piena crisi di governo, anche se non è passata che qualche ora dalla crisi nella quale è stato catapultato Monti, con la sfiducia parlamentare e con la rimessa in gioco delle sorti future dell’Italia. E questo è forse un bene vista la miseria in cui siamo caduti e il bisogno che abbiamo di uscirne al più preso e a testa alta. Purtroppo il futuro non ci prospetta tali spiragli di ottimismo. Il nostro Paese è ancora in mano a stonati direttori d’orchestra che fanno tutti una cattiva musica e a cui dovremmo abituare le nostre orecchie, almeno fino al termine delle consultazioni elettorali, quando un nuovo governo e altri direttori d’orchestra, forse, nasceranno dal caos e dal frastuono di questi mesi che ci separano dal voto.
Che ci piaccia o no Berlusconi imperversa e, come costatiamo, è ancora lui a tessere la tela, a decidere se ricandidarsi o meno alla poltrona di premier e se gli altri, generali o sergenti del Pdl, debbano o no avere il diritto di scegliersi i propri rappresentanti mediante le primarie. Entrato in scena questo vero e proprio animale selvatico della politica si sono serrate le fila, soldati, caporali e alti graduati sono tornati ai loro posti di combattimento, e anche i colonnelli di questo partito peronista sono scattati in piedi con un saluto militare, per esprimere obbedienza al capo. Attratti dallo scranno parlamentare per divina investitura, e dalle servitù che lo circondano.
Oltre al peso personale di un potente che naviga nell’agiatezza e nel denaro non c’è nulla in questo partito. Nè etica né valori, né senso di responsabilità o dello Stato e delle sue istituzioni. Un partito liquido, rarefatto, che si aggrega e disgrega a seconda del richiamo della foresta, degli istinti primordiali, del tornaconto personale.
Sarebbe, tuttavia, un errore ritenere che tale condizione di disgregazione e il paternalismo che la governa, come nelle antiche congiunture stagionali in epoca preindustriale, sia una caratteristica esclusiva di questo fenomeno. Essa, al contrario, ha una sua estesa trasversalità e colpisce, in misura e con caratteri diversi, tutti i partiti. Che, per analoghi motivi, possiamo dire non esistano, nonostante la presenza di tante piccole realtà allo sbando e in cerca di identità e di aggregazione.
Non stupisce, quindi, che agli arcipelaghi del centro e della sinistra o di quello che si pone come centrosinistra, faccia da riscontro l’ultimo derivato della generale confusione politica che caratterizza questo momento storico in Italia, e cioè il cosiddetto partito Arancione, un’astrazione ecologica e ambientalistica non basata su nessun fondamento solido di lettura del mondo e del suo momento di civilizzazione; dei caratteri attuali del neocapitalismo e dei suoi aspetti globali; dell’evoluzione della politica delle grandi potenze e dei rapporti tra Nord e Sud del Mondo o delle relazioni tra Occidentale e mondo arabo. Un partito marginale rispetto a quelle poderose macchine da guerra che sono il movimento di Grillo, lo stesso Pdl o il partito di Bersani, mentre resta tutta da costruire con santa pazienza tutta l’area della sinistra democratica.
Perciò possiamo dire che anche se alle prossime elezioni politiche ci saranno in lizza diverse decine di partiti, nessuno di essi sarà, di per sé, esaustivo della domanda politica dell’elettorato, e nessuna coalizione sarà capace di affrontare e risolvere in prospettiva il bisogno di speranza e di futuro di questa Italia allo sbando e alle prese con i soliti volponi della politica.
Quello che sappiamo è che ciascuno deve fare la sua parte nel posto in cui si trova, perché solo così potrà dare un contributo al cambiamento.
La politica non è cosa adatta agli scienziati, o a quelli che esercitano bene una loro professione. Perciò ci permettiamo di suggerire a Ingroia, se già non ha scelto, di continuare a lavorare per la giustizia. Se ha ricevuto molte critiche si vede che è sulla buona strada. Non l’abbandoni. L’impegno politico gli darà solo amarezze, forse peggiori di quelle che ha avuto come magistrato impegnato in prima linea.
Giuseppe Casarrubea