In un partito si dice ai cittadini tutto, come ad una fidanzata o ad un fidanzato si dice tutto, prima del matrimonio. Non parlare è come non avere rapporti pre-matrimoniali e poi avere brutte sorprese. Oggi i giovani si sposano a fatica. E comunque dopo aver saputo tutto reciprocamente. A scatola chiusa, l’inciucio tra parenti, non funziona più.
Ecco.
I tempi sono cambiati. Oggi gli elettori, i cittadini, di noi vogliono sapere tutto. E se non glielo diciamo, oggi, nell’era del web, lo sapranno lo stesso. E allora tanto vale fare di questa operazione trasparenza un dovere etico. Un passaggio di crescita.
Perché meno rospi ingoiamo e più rospi cambieranno stagni. Rutelli, Binetti questo è un pensiero per voi.
Più diciamo le cose come stanno, più tutti cercheremo di fare le cose fatte bene, di governare bene, di fare le cose che diciamo e accorciare la distanza tra il dire e il fare. Non dobbiamo avere paura di dire le cose come stanno. Gli elettori non sono sudditi, non dobbiamo tenere loro nascosto nulla. La crescita della nostra democrazia, l’abdicazione alla demagogia, passerà anche per come faremo crescere il Paese nell’esercizio della partecipazione. La demagogia si nure di distacco. Di divari. Bisogna stare orizzontali e guardare gli occhi e vedere.
In un partito non si decidono cose illegali, anche se lo fanno tutti. Vedi fare manifesti abusivi.
Si dice: “ehi, cittadini: noi non li faremo più. E siccome non li faremo più vi informeremo con i gazebo, con il porta a porta, con il web e con le mail. E siccome questo ha un costo umano ed economico per favore tesseratevi.”
Secondo me si tesserano in tanti.
Secondo me dicono: “ehi, che figo sto partito. Quasi quasi lo voto.” Non basta, ma a Roma, impacchettata di carta ogni giorno, sarebbe un omaggio alla bellezza. E’ Roma, qui. E non la confronto con nessun altra città. Qui non dovremmo nemmeno osare toccare i muri. Usiamo gli spazi informativi. Paghiamo la tassa, rispettiamo i tempi. Invece ogni notte carta su carta che con la colla si solleva offrendo alla città una sciatteria di sovrapposizioni inutili. TRa l’altro del nulla. Almenom, pagando, mettiamo manifesti solo quando serve davvero.
In un partito ci sono i luoghi dove si prendono le decisioni e poi tutti si adeguano. Se quelle decisioni non si prendono, non si vogliono prendere, se si accantonano perché dividono, beh…allora si insiste, anche a costo di fare una battaglia forte e rumorosa e di cercare consenso tra gli elettori. Non dobbiamo a loro una misura? Vedi la questione dei registri civili che in alcuni Municipi, il mio per esempio, pare che dopo un anno di riflessione collettiva non possiamo prendere perché qualcuno ha il mal di pancia. E si rimanda, si rimanda, si rimanda.
In un partito si cerca l’unità con il dialogo, non impedendolo.
Si prendono le decisioni rispettando l’iscritto che si fa il mazzo, non considerandolo un ratificatore o della semplice mano d’opera.
In un partito si sta come a Tor Bella Monaca o a Ladispoli (dove la mia mozione di certo non ha vinto – malgrado ciò che alcuni dicono non è bello dove si vince, ma dove si lavora e si dibatte) dove i due coordinatori tengono insieme una comunità. Una comunità che lavora, produce materiale, fa girare le informazioni, amministra una città, vedi Ladispoli, comune virtuoso, lontano dal cliché verdoniano. Dove l’azienda dell’acqua è pubblica al 100% ed è in attivo. Dove il sindaco ti racconta le cose che ha costruito e non sono palazzine: sono un ponte, le scuole e presto un asilo.
In un partito non si ruba. Se sappiamo che qualcuno lo fa bisogna dirlo. Alla procura, non agli organi interni. Se no siamo come la Chiesa che risolveva la questione pedofilia al suo interno e poi gli si è ritorto contro.
In un partito si fanno girare le informazioni, si fa venire la gente a sentire le idee, non solo a votare.
In un partito si parla di politica, ma si dovrebbe farlo con una gerarchia ideale che dal piccolo va sul grande, dalla terra va sull’albero e poi fa il nido. E dopo vola.
In un partito gli eletti, prima di fare battaglie personali su temi fondamentali, verificano se il partito coi cittadini e i territori hanno elaborato idee.
Ci si consulta e poi si “rappresenta”. Perché il partito non è un tram, non è un autobus, ma è come l’acqua…è un bene comune. Lo dice la costituzione. E’ la forma in cui ci si organizza per ascoltare e rappresentare. E’ il luogo che tutti dovrebbero sentire casa, anche solo una volta, anche per bussare e gridare o ascoltare o leggere.
In un partito si sta come nel PD, dove tutte queste cose, malgrado tutto si possono: dire, mettere in pratica e spesso fare. E noi vogliamo che questo avvenga ovunque, in tutto il PD. In quello della Sicilia allo sbando con Lombardo, in quello di Napoli che ora rinasce, fino a quello bello di Milano che ha partecipato alle primarie, le ha perse, ma poi ha vinto. Ecco, poi, noi siamo questi qua. Che sotto i vostri occhi ci tiriamo i capelli, ma voi potete vederci. Degli altri, di come decidono posti e candidature raramente si sente parlare. La democrazia è caotica. Le dittature, e vale anche per Grillo, un po’ meno.
p.s. l’immagine che ho scelto, avendo citato i matrimoni, rispetta l’idea di matrimonio che ho e che hanno la gran parte dei lettori di questo blog.