Rimasero soltanto due nicchie vuote, monito permanente di uno scempio che voleva cancellare la storia, che voleva cancellare per sempre l'emozione che mercanti e monaci provavano all'arrivo in questo brullo paesaggio al cospetto di questi sacri giganteschi simulacri.
Ma l'emozione non è svanita insieme con le due statue, anzi, se è possibile, è aumentata. Guardando quelle due nicchie vuote, il pensiero dell'antica presenza dei due Buddha accresce il rispetto e lo stupore, anche in coloro che non sono credenti, ritorna alla mente il boato dell'esplosione, un brivido percorre la schiena e fa urlare al cuore "mai più!".
Oggi queste due nicchie vuote sono divenute Patrimonio dell'Umanità. Era il novembre 2010. A Pompei crollò la domus dei Gladiatori.
Era il novembre 2010.
A Pompei crollò un muro della Casa del Moralista.
Era il 2011.
A Pompei crollò un muro. Poi un altro. E un altro. Non fu colpa dei Talebani, non fu a causa di un'esplosione. Ma uguale indignazione riempì i cuori della gente in tutto il mondo. Chi dice che la globalizzazione sia una brutta cosa? È la globalizzazione che, anche se non è riuscita a salvare i Buddha di Bamiyan, li ha dichiarati Patrimonio dell'Umanità. È la globalizzazione che, se non è riuscita a salvare i Buddha di Bamiyan, forse potrebbe salvare Pompei da un ugualmente tragico destino. Il patrimonio culturale non è proprietà dei locali: ciascuno di noi è tenuto a custodire qualcosa che non è suo, che non appartiene soltanto a lui, ma al mondo, alla gente che oggi lo abita e a coloro che lo abiteranno in futuro. Siamo tutti gestori occasionali pro tempore del patrimonio culturale, responsabili nei confronti dell'umanità intera. Risvegliamo il nostro senso di responsabilità civile di cittadini del mondo. E forse potremo impedire il verificarsi di una nuova Bamiyan.