Karl Loewenstein fu un importante costituzionalista, filosofo e politologo tedesco. Nel 1973, pochi mesi prima di morire, pubblicò l’ultimo dei suoi numerosi saggi, intitolato Kooptation und Zuwahl (due sinonimi di “cooptazione”).
Il contenuto di quest’opera potrebbe tornare utile, viste le ultime magagne interne al Partito Democratico, dove la corrente renziana si sta scontrando con parte dei vertici direzionali sulla trasparenza dei conti del partito, e non è detto che sia meno attuale di tante altre analisi pubblicate in questo periodo.
Il grassetto è mio:
Lo schema prevalente della designazione cooptativa della leadership viene meno solo quando la base degli iscritti riesce, con una rivolta di palazzo, a spodestare la dirigenza e ad imporre un proprio gruppo dirigente. Queste rivoluzioni interne ai partiti sono tuttavia rare e sono in genere il segno di un declino o di una crisi del partito da imputarsi al fallimento del gruppo dirigente in carica. Il più delle volte questi conflitti si configurano come contrasti generazionali, ma hanno successo solo se il partito ha ancora una sua vitalità.
Sulla vitalità del Pd, compresso fra lotte intestine, deficit di leadership e imbarazzanti impasse politici, se ne potrebbero dire tante. Certo è che, dando per acclarato il sostanziale fallimento delle attuali massime cariche democratiche, i conflitti interni al partito non si risolvono nella questione generazionale – con buona pace dei titoli su rottamatori e rottamati.
Per ripartire – dice Loewenstein – più che pochi anni e poca esperienza serve una capacità di proporre che un meccanismo di cooptazione autoreferenziale e anacronistico non può più garantire. Servono nuovi quadri e meccanismi decisionali, prima ancora che volti nuovi. E ho la netta sensazione che più tardi si capirà questo dato, peggio sarà per tutti.
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