I miei 10 giorni a Barcellona sono stati intensi e ben goduti: mi sembra come se sia passato già un anno da allora o meglio come se fosse proprio un’altra vita. In realtà era la seconda volta che tornavo nella capitale catalana ma questa volta l’ho “vissuta” di più, comprendendola meglio come luogo culturale, assaporandone le atmosfere e il modus vivendi, spremendola in ogni sua parte. Una cosa che mi è rimasta particolarmente impressa è che, sicuramente, Barcellona è una città d’arte. Molto cara, ma pur sempre arte: architettura, design, nuovi trends circolano silenziosi per le strade in completo equilibrio tra loro, senza strafare.
Una mostra che mi ha particolarmente colpito (se siete a Barcellona fino al 18 settembre, vi consiglio di visitarla) è “You Are Not Alone“, a cura di Hilde Teerlinck, direttore del FRAC Nord-Pas de Calais e Irene Aristizabal. Ospitata dalla bellissima Fundació Joan Miró in collaborazione con il Museo de Arte Contemporanea, Vigo (MARCO) e la Fondazione ArtAids, You are not alone è un viaggio nel mondo dell’arte che interpreta e comunica questi decenni di AIDS.
Ricco di opere quasi tutte interessanti, You are not alone esplora il tema della malattia, del contagio, della prevenzione, visti dagli occhi degli artisti che, proveniendo da tutto il mondo, portano contributi intrisi delle loro diverse culture, con pochi sentimentalismi e interessanti riflessioni. È stata una visita molto lunga e pensierosa la mia: mi sono preso il mio tempo e ho guardato tutte le opere con estrema attenzione: ho assistito ipnotizzato per più di un’ora alle interviste realizzate da Matthew Darbyshire a persone sieropositive che vivono a Barcellona che portavano le loro testimonianze, crude, quotidiane, a volte assolutamente ordinarie, su quell’evento straordinario che ha stravolto le loro esistenze. Riflessioni su riflessioni, dunque, per un male infido che ti colpisce proprio in ciò che dovrebbe essere privo di ogni dolore: provare piacere.
Tra le opere che ho amato di più ci sono:
- Lorena Zilleruelo (Cile) – Steps, 2011: un cortometraggio di 21 minuti, intimistico, elegante, raffinato, poetico. Una ragazza in Cile diventa sieropositiva contraendo il virus dal suo compagno che la tradiva. Doppio dolore per lei, Tripla forza. Perché la ragazza continua ad amarlo, lo odia, lo rigetta, ma lo accetta come portatore di morte e malattia e gli sta vicino nel momento del trapasso. Le sue difficoltà sono un continuo tango, passi di danza, che lei impara, due passi in avanti, uno indietro, con il fantasma del suo amato e la paura ed incertezza del suo futuro.
- Elmgreen & Dragset (Danimarca e Norvegia) – New Blood e AIDS is good business for some, 2011: due opere della coppia artistica, conosciuta per la sua ironia e spirito irreverente. La prima opera è una versione del Fauno Barberini (o il Satiro ubriaco), con le sue chiare sfumature omoerotiche, qui mostrato nell’atto di subire una trasfusione di sangue. L’altro è un’insegna neon che attira l’attenzione sull’aspetto lucrativo delle grandi aziende farmaceutiche e sanitarie sulla pandemia dell’AIDS. Preferisco nettamente la prima alla seconda, per l’arguzia di aver associato il classico col moderno, l’omoerotico in contrasto il dolore, la malattia: la perfezione del classicismo ellenistico e l’indubbia, forte, virilità, espressione di piena salute, contro il rosso acido del sangue, la trasparenza artefatta della plastica, la corruzione della malattia.
Otto Berchem, USA – Deadheading (2005): Questa installazione, in cui i fiori cadono a terra ad accumularsi progressivamente per poi appassire, si inserisce all’interno della tradizione artistica del memento mori, i ricordi di morte. Nuovi fiori sono portati ogni giorno, ma vengono immediatamente tagliati e lasciati appassire sul pavimento. Il giorno seguente, i gambi rimasti vengono gettati via e il processo si ripete con un nuovo lotto di fiori. Un gesto che si rinnova quotidianamente, che corrompe la bellezza e il profumo dei fiori, senza sosta. Un processo terribile che si rinnova ogni giorno, come il contagio e la morte.
Per approfondire la mostra, se non potete andarci, ma vi interessa l’argomento vi segnalo questo video con interviste agli artisti, ai curatori della mostra e con una rassegna delle bellissime opere presentate. You are not alone è l’ennesima dimostrazione che Barcellona, oltre ad essere una città molto attenta all’arte, è anche molto accorta alle tematiche gay e ai problemi sociali.