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Il pensiero criminale dell’offender di Melania Rea. Una intervista al prof. Silvestri

Creato il 28 settembre 2011 da Yellowflate @yellowflate

Il pensiero criminale dell’offender di Melania Rea. Una intervista al prof. Silvestri

Omicidio Rea indagini, supposizioni, parole. Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare per voi il professore Antonino Silvestri Criminologo clinico dell’Università Kore – Sociologia della Devianza, città di Enna.

Professore sa dirci se il delitto Rea presenta in qualche modo delle peculiarità, sotto l’aspetto criminologico utili al fine di individuare l’assassino?

“Il delitto della vittima Melania Rea si è sempre caratterizzato dalla dinamicità dell’azione criminale e precisamente dai momenti del passaggio all’atto delittuoso  che ne hanno determinato l’interpretazione di tutti gli elementi ritrovati sulla scena”.

Come studioso della personalità e della devianza la personalità del Parolisi rispecchia il modus operandi dell’omicida o meglio si può affermare che sia lui ad aver commesso il delitto? 

“Analizzando le dinamiche dell’efferato crimine che ha tolto la vita alla giovane Melania Rea, c’è da domandarsi, ma veramente Salvatore Paralisi ha commesso questo efferato crimine carico di violenza inusitata?  Sotto il profilo Criminologico non pare che  la personalità del caporalmaggiore coincida con l’azione messa in atto sulla ” scena criminis”. Io piuttosto indagherei su alcuni elementi che ancora oggi vengono ignorati”.

Vuol dire che si sono trascurate altre probabili piste? Ed inoltre quali sono le sue considerazioni di esperto?

“Questo delitto, fin dall’inizio, vi prego di sottolinearlo, ha seguito una pista investigativa che ormai è a tutti nota e che ha portato il presunto uxoricida dentro una cella di un carcere. Quello che emerge dalla massima espressione dell’azione delittuosa delle 35 coltellate è molto probabilmente l’energia mentale che l’assassino ha rilasciato sul corpo della giovane donna.  In passato in questi anomali delitti il senso di onnipotenza e di dominio  hanno raggiunto una dimensione ancora  sconosciuta  che pone l’uomo delinquente in un’alternanza di predominio sull’azione criminale rendendolo sempre di più imprendibile ma paradossalmente più vulnerabile”.


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