Vi dirò a me questa terza serata del Festival di Sanremo è piaciuta non poco, soprattutto perchè a farla da padrona è stata finalmente la musica che ha occupato l’80% della trasmissione: certo, a volte stonata, a volte ridicola, ma tante volte bella ed emozionante. Il tema della puntata era la musica italiana che ha reso lustro all’Italia nel mondo e per omaggiarla, i concorrenti hanno dovuto duettare con grandi nomi internazionali.
Dopo un inizio vomitevole con Chiara Civello e Shaggy che secondo me non aveva ben capito cosa dovesse cantare e dove si trovasse, Sanremo mi ha regalato alcune esibizioni veramente lodevoli, tra cui:
Nina Zilli e Skye dei Morcheeba. Che bel ritorno quello di Skye, qualcuno mi rammenta perché i Morcheeba sono scomparsi dalla circolazione? No perché io avevo Big Calm ed è uno dei dischi che ho consumato. Comunque ottima performance.
Arisa e José Feliciano: Arisa in versione badante è stata tenerissima. José Feliciano ha una voce da brividi che si è sposata benissimo con quella di Arisa, cantando Che sarà e C’era un ragazzo che come me, purtroppo con Gianni Morandi. E proprio Gianni Morandi ha avuto la geniale idea di indicare a José quando cominciare a cantare, con un movimento delle braccia e di quelle sue insopportabili mani enormi: José Feliciano è cieco dalla nascita, eh. Morandi deve essere coglione da quando era feto.
Irene Fornaciari, Brian May e Kerry Ellis: esclusa la Fornaciari, è stata un’esibizione dal taglio nostalgico veramente intensa. Vedere Brian May ti fa comunque pensare a Freddie Mercury e ti viene normale pensare cose del tipo “chissà quanto ancora ci avrebbe regalato se…“. La Fornaciari ha avuto crisi di identità credendosi la Fornero per un attimo, versando un mare di lacrime con la stessa credibilità. Comunque l’ennesimo regalo del suo paparino non è servito a farla rientrare in gara. Al prossimo Sanremo, Irene.
Marlene Kuntz e Patti Smith: no, Patti è mitica. Ha oscurato completamente i Marlene di cui non me ne frega una cippalippa. E poi Impressioni di settembre è una delle canzoni più belle dell’universo. Patti è assurda, brutta come la morte, ma allo stesso tempo bellissima nelle sue espressioni, nella sua vocalità, nelle emozioni che sa trasmettere. Capisco sempre di più perché Mapplethorpe adorasse fotografarla: ancora adesso, a 70 anni e più, Patti Smith ha ancora intatto quel carisma selvaggio che traspare da ogni suo gesto, quasi come se fosse un animale raro, saggio e allo stato brado. Immancabile poi, Because the night (ma secondo voi, non si sarà rotta le palle di cantare sta canzone?). Seconda standing ovation. Brian May e Patty Smith due leggende della musica, due performance formidabili. E subito dopo abbiamo avuto Papaleo con Foca e D’Alessio sul palco, voglio dire.
Noemi con Sarah Jane Morris: Noemi sta dimostrando tutto il suo valore, che secondo me dovrebbe essere supportato da musica ancora più con i controcazzi. Non conoscevo Sarah Jane Morris, ma devo dire che ho avuto i brividi sull’interpretazione della mia amatissima Fast Car di Tracy Chapman. Chapeau.
Non male e molto godibili anche Dolcenera con Professor Green, Noa che sarebbe stata meglio senza Eugenio Finardi e qualcun altro sparso.
Invece devo spendere due parolacce per l’esibizione più orrenda della serata: Gigi D’Alessio, Loredana Berté e Macy Gray.
Nemmeno nei miei incubi musicali peggiori avrei mai potuto lontanamente immaginare un trio così male assortito e tremendo per un’esibizione altrettanto confusionaria e senza senso. I tre hanno ben deciso di omaggiare l’immensa Mia Martini, con Almeno tu nell’universo: escluse le parti della Berté che dava l’idea di risentire la compianta sorella e che comunque è stata intensa ed emozionante (se si riusciva a distogliere per un attimo l’attenzione da quei canotti fuxia), le performance degli altri due hanno reso il tutto disomogeneo, sbiascicando parole a caso tra il napoletano e l’inglese. D’Alessio ha ben pensato di farmi vergognare di essere napoletano, rendendo Almeno tu nell’universo una canzone neomelodica di bassa lega, perdipiù stonando come una campana e dimostrando al mondo la sua palese incapacità vocale; Macy Gray, per affrontare questa serata con quei due, avrà pensato bene di scolarsi due casse di vodka, scordandosi di prepararsi per il festival e rimanendo vestita da barbona di piazza Garibaldi a Napoli. E dopo aver stuprato quel gioiello di Almeno tu nell’universo, Macy Gray e Gigi D’alessio hanno dato vita a un’altro incubo sputando note a caso su un’altra canzone di capa di morto di cui non ricordo il nome e manco voglio saperlo.
Ripeto, è stata sicuramente la migliore serata tra le tre. E per quanto mi riguarda, quando la musica è così importante, Sanremo va premiato. Accade raramente, ma può accadere. Ma temo che sarà una mosca bianca e le prossime serate saranno un mezzo cesso, così come lo sono state le prime due.