L’errore del pensiero
Mente, personalità e psiche. Da articoli, ricerche e riviste di neuroscienze, ogni giorno sono sfornate novità e continue scoperte sul funzionamento della mente umana. Per queste il funzionamento del cervello si sta facendo ogni giorno più chiaro. Stiamo vivendo l’epoca del neuroriduzionismo.
Tramite fMRI si risale a quale zona dell’encefalo serve a cosa e in che modo, cause ed effetti di sostanze e lesioni. Ad un ritmo sempre più incalzante il funzionamento di questa stupenda macchina biologica pare venga sempre più “snocciolato” e capito.
Sulla rivista scientifica “Mente & cervello” del mese di Maggio 2013, lo psichiatra John Allan Hobson parla dell’interpretazione dei sogni sostenendo si tratti di una delle più grandi balle che l’uomo abbia inventato per ingannare se stesso. Nel corso della conversazione le definisce proprio così, con un termine inglese tutt’altro che elegante: “bullshit“. Egli ritiene che le sue scoperte sulla chimica cerebrale possano aprire nuovi filoni di ricerca nel campo degli studi sulla natura della coscienza.
Ovvio che a queste affermazioni, personaggi del calibro dello psicoanalista C.G. Jung, autore dell’opera scientifica più grande al mondo, la quale ricopre una vasta gamma di tematiche sulla psiche e sull’uomo, avrebbero molto da controbattere. Ad ogni modo, non si vuole di certo sminuire il valore delle ipotesi di Hobson.
Nonostante ciò il fenomeno della coscienza rimane molto misterioso, la sola definizione ci sfugge e l’ascesa dell’approccio neuroscientifico non ha fatto che rendere questa definizione ancora più offuscata. Funzionamento e definizione sono state ancor più separate. Anche se con il proseguo delle ricerche e con l’utilizzo di tecnologie sempre più potenti si arrivasse, in un futuro prossimo, alla completa risoluzione dell’attività celebrale, avremmo risolto solo il primo dei problemi della coscienza, tuttavia, questo, secondo il matematico e filosofo della mente David Chalmers, non spiega affatto il carattere soggettivo ed irriducibile che essa ha per il soggetto cosciente.
Psicoanalisi e neuroscienze, malgrado alcune situazioni, pare riescano anche a convivere.
Molte teorie di Freud sono state affiancate a ricerche attuali svolte dai neuroscienziati trovando terreno comune. È il caso dei saggi di Francois Ansermet e Pierre Magistretti, in “A ciscuno il suo cervello” propongono l’incontro tra le due discipline presentate spesso come antagoniste.
Per loro solo un approccio interdisciplinare può rivelare l’essenza del cervello umano. Il punto di incontro è rappresentato da meccanismi di plasticità sinaptica grazie ai quali il cervello rimane aperto al cambiamento e alle trasformazioni portate dall’esperienza.
A mio avviso, leggendo il saggio sono molti i parallelismi che possono nascere.
Anche le discipline in passato ritenute esclusivamente “esoteriche” possono trovar ragione sposandosi con le neuroscienze. La pratica yoga, fra le varie cose, mira a influenzare il funzionamento del sistema neurovegetativo, sfruttando l’amigdala. Sono stati provati, sempre tramite risonanza magnetica, gli effetti benefici sul sistema nervoso centrale. Anche tecniche che lavorano sull’inconscio tramite gli stati somatici, come la “psicomagia” di Jodorowsky trovano conferma nel quadro proposto dai due autori.
Tuttavia, le domande più ardue della filosofia riguardanti l’esperienza psichica sembrano non trovare risposta, gli enigmi che facevano riflettere in passato ci accompagnano anche oggi.
Come molti autori fanno notare, nei riguardi di molte faccende “il punto di vista” umano pare metterci in grande difficoltà. Daniel Dennett in “Coscienza, cosa è?”, racconta tramite lunghe trattazioni filosofiche, i limiti e le trappole della mente quando cerca di rapportarsi alla presunta realtà. Per il filosofo noi abbiamo a che fare esclusivamente con il nostro mondo fenomenico, in questo mondo la realtà rimane sempre nascosta, non può essere conosciuta se non indirettamente per mezzo dell’interpretazione dei sensi, quasi sempre fuorviante.
Escher – Drago
Questo concetto, è simile a quello descritto dal pensiero ayurvedico, ove “Jivatma” è il sé interiore, il nucleo centrale della personalità filtrato però dalla nostra mente, dai nostri sensi e dalle interferenze esterne.
Parlando invece di autoreferenzialità, in “Godel, Escher, Bach: Un’Eterna Ghirlanda Brillante“, Douglas R. Hofstadter ci fa notare qualcosa di simile, bravo come pochi, Douglas riesce a portare la logica a livelli molto alti, dimostrando però la fallibilità della stessa.
Il problema che si cerca di descrivere è delineato anche in uno dei quadri di Escher: “il drago”. Hofstadter ne parla così:
“Per quanto questo drago si sforzi di essere spaziale, esso rimane completamente piatto. Nella carta su cui è stampato sono state praticate due incisioni. Poi la carta è stata piegata in modo da creare due aperture quadrate. Ma questo drago è una bella bestia ostinata e, a dispetto delle sue dimensioni, s’intestardisce nel credere di averne tre; perciò ha infilato la testa in uno dei buchi e la coda nell’altro.”
Il messaggio è che, per quanto si cerchi di simulare le tre dimensioni nelle due, si perde sempre una certa “essenza della tridimensionalità”. Il drago tenta disperatamente di combattere contro la sua bidimensionalità. Ma tutto ciò è vano.
Questa specie di paradosso è analogo al problema dell’essere umano che cerca di concepire se stesso, la sua mente ed il mondo attraverso la sua mente. Come uscire dal sistema?
L’esempio formale che pone in discussione il tentativo razionale dell’essere umano sono i famosi “teoremi di incompletezza di Godel”. Con essi viene dimostrata l’incompletezza della logica formale, il fallimento del tentativo dei “Principia Mathematica” di inserire tutto ciò che è formulabile in un sistema formale completo. Scritti a quattro mani da Bertrand Russell e Alfred North Whitehead.
Il teorema lascia allo sbando, tant’è che è stato più volte utilizzato impropriamente per dimostrare molte teorie e anche per dimostrarne il loro esatto contrario.
Piergiorgio Odifreddi, in “Il diavolo in cattedra” propone una metafora con un problema di astronomia per spiegare l’idea di Gödel:
“Ogni osservatore dell’universo ha un cosiddetto orizzonte degli eventi, che racchiude tutti i punti che stanno a una distanza dall’osservatore minore di quella che la luce ha potuto percorrere dal momento dell’origine dell’universo, e determina quindi la porzione di universo accessibile all’osservatore in un dato istante. Poiché l’età dell’universo è stimata nell’ordine di 15 miliardi di anni, l’orizzonte degli eventi è oggi a una distanza di 15 miliardi di anni luce.
Secondo il modello inflazionario l’universo ha però subito, nei suoi primi istanti di vita, un’esplosione “esponenziale” che l’ha portato, in una frazione di secondo, ad incrementare enormemente il proprio volume. Le reali dimensioni dell’universo sono dunque estremamente maggiori di quelle dell’orizzonte degli eventi di ciascun osservatore: per questo motivo, nessun osservatore può mai avere un’immagine completa dell’universo. Osservatori, orizzonti degli eventi e universo corrispondono metaforicamente ai sistemi formali, agli insiemi dei loro teoremi e al mondo platonico degli enti matematici. E il teorema di Gödel dice ciò che si può dimostrare in un qualunque sistema formale è solo una parte di ciò che è vero nel mondo platonico.”
I risultati di Kurt Gödel del 1931 arrivano da una sua semplice osservazione, ecco di seguito la dimostrazione logica del primo teorema:
Kurt Gödel
Supponiamo che F sia un sistema corretto (un sistema formale) e che Gf sia una formula che dice di se stessa di non essere dimostrabile in F:
Se Gf fosse dimostrabile in F : => sarebbe VERA per la correttezza del sistema.
Ma essendo VERA e dicendo di non essere dimostrabile: ⇒ NON sarebbe dimostrabile.L’ipotesi è assurda e la formula non è dimostrabile nel sistema. E poiché dice di non essere dimostrabile: ⇒ è VERA.
In conclusione, Gf non è dimostrabile in F ed è vera, il sistema è semanticamente INCOMPLETO.
Inoltre poiché Gf è VERA ⇒ not Gf è FALSA.
E non può essere dimostrabile in F per la correttezza del sistema. Dunque, né Gf né not Gf sono dimostrabili in F. Il sistema è anche sintatticamente INCOMPLETO.1° teorema di Gödel, di incompletezza per sistemi corretti:
sotto certe ipotesi, un sistema corretto è incompleto (sia semanticamente che sintatticamente).
In occidente l’idea di “divisione” e la convinzione che ogni cosa equivalga alla somma delle sue parti originaria dal pensiero Cartesiano e poi di Aristotele, pare essere arrivata ad un punto molto critico.
Inconscio, coscienza, fenomenologia etc sembrano problemi molto ardui da risolvere con questo approccio. Esso, come per il sistema corretto in cui si parla nel teorema, sembra essere incompleto. In certe situazioni, con certe condizioni o con dati fattori, molte cose non riescono a trovare una completa spiegazione, spesso perché manchiamo sia di mezzi che di punti di astrazione.
Una lingua difficile
Prendendo le cose da tutt’altro punto di vista, Fritjof Capra in “Il tao della fisica” espleta molte somiglianze fra fisica quantistica e relativistica e il pensiero dei mistici orientali.
È ragionevole dire che la meccanica quantistica nasce con il principio di indeterminazione di Heisenberg, esso è una relazione fondamentale della fisica che coinvolge coppie di grandezze esprimendo i limiti nella conoscenza o determinazione dei valori che queste grandezze assumono in un sistema fisico. In termini più semplici, tale principio postula che quanto maggiore è l’accuratezza nella misurazione della posizione di una particella subatomica, tanto minore è la precisione inerente alla misurazione della velocità e viceversa.
Durante l’osservazione delle particelle subatomiche, i confini fra osservatore e oggetto osservato vengono meno, i due elementi interferiscono, pertanto questa nuova branca della fisica ci impone un nuovo modo di considerare le cose.
La separazione cui abbiamo sempre fatto affidamento nel metodo sperimentale ha perso la posizione di colonna portante nel nostro modo di pensare. Mentre, la teoria della matrice unica, che intende la materia come un tutto sembra divenire molto più attuale. Questa nuova visione ‘quantistica’ della realtà è condivisa anche dalla filosofia orientale.
Ed è proprio dall’oriente che arrivano i punti di vista più interessanti, tanto interessanti quanto difficili. Le filosofie Yoga, il pensiero cinese, i testi Induisti, risultano per l’Occidentale molto difficili. L’approccio Orientale è per l’Occidentale molto spesso inaccessibile.
Siamo talmente abituati a far riferimento alla nostra “coscienza” che noi Occidentali ci identifichiamo con essa e con la nostra razionalità. Sicuramente è vero che noi siamo ciò che pensiamo, ma è altrettanto vero che l’Oriente ci può insegnare molte cose sulla psiche, soprattutto per quanto riguarda il nostro mondo interiore, mondo dal quale la maggior parte delle persone Occidentali vi si trova in uno stato di dissociazione (vedi [8]).
Uno dei sistemi di rappresentazione più efficaci che arriva dall’oriente, per l’esattezza dall’India, è il sistema dei Chakra. Abituati al pensiero dicotomico, facciamo molta fatica a comprenderne i concetti. Per questo motivo esistono spesso più interpretazioni dei testi Orientali, molte volte frutto di un pericoloso processo di “Occidentalizzazione” che ne travisa il significato originale.
Nell’anno 1932 si tennero a Zurigo una serie di seminari sul Kundalini Yoga, una delle pratiche spirituai più interessanti, solo recentemente giunta in occidente grazie all’opera iniziale di diffusione di Paramhansa Yogananda, i cui insegnamenti, sono contenuti nel libro “Autobiografia di uno yogi” e in molti suoi scritti, tra lezioni, discorsi e commenti, conservati e divulgati dalla SRF (Self Realization Fellowship) e pubblicati, direttamente o per suo conto, in oltre 25 paesi da partire dall’anno 1920.
Durante la conferenza vengono affrontati principalmente i Chakra, Wilhelm Hauer assieme a Jung descrivono questi centri energetici in termini psicologici.
C’è da premettere il fatto importante che per l’orientale questi centri sono effettivi, esistono fisicamente e riferiscono ad essi come ci si riferisce a qualsiasi parte del corpo. Considerando solo i centri corporei, sono sei, partendo dal basso: Muladhara, il centro della terra. Ha sede nel perineo, tutto ciò che sta qui è latente, inconscio e dormiente. Kundalini-Sakti è qui avvolta su se stessa e dormiente.
Il secondo centro è Svadhistana. la sede dell’errore e del desiderio. è situata nella piccola pelvi e corrisponde alla regione genitale. Corrisponde alla sfera dell’acqua, il suo animale è un mostro acquatico.
Manipura è, nello stesso tempo, il centro della regione della carne, l’essere umano corporeo, il mangiatore di carne. Il suo animale è l’ariete.
Il quarto chakra è Anahta. Appartiene al cuore, o meglio al diaframma. Qui, l’essere umano conscio. Qui lo Yogin vede l’Atman. “io sono quello”.
Il quinto centro è Visuddha ed è situato nel collo, in particolare nella laringe. La sede del linguaggio, ed è quindi il centro spirituale.
Ajna, il sesto chakra e il più alto corporeo è posto tra le sopracciglia. Corrisponde al sé.
Ora l’osservazione interessante che mi colpì in questa serie di conferenze fu il commento che il dottor Jung fece a posteriori la presentazione di Hauer. Il commento, a mio modo di vedere, non fa che spiegare secondo la logica dei Chakra, il problema psicologico della visione occidentale che abbiamo fino ad ora descritto. Per questo motivo ho riportato la trattazione dei Chakra.
In primis, occorre dire che i centri bassi, prima di arrivare a Anahta, sono inconsci, contengono elementi arcaici, e ha a che fare con la partecipation mystique. A questo livello la vita appare come una contingenza, senza un Io. Non si è consapevoli di volere le cose o di farle. Ogni cosa accade, come dire, in terza persona. Soltanto dopo il diaframma esiste un “Io voglio”. In Anahta, la fiamma, nascono le funzioni razionali.
Scrive Jung: “L’indiano pueblo pensa nel cuore, come fanno gli uomini omerici, il cui spirito è localizzato nel diaframma. La nostra localizzazione psichica è, per ammissione generale, la testa, ma il gesto rimane arcaico, e quando entrano in gioco le emozioni la nostra psicologia scivola giù, in manipura. Ma per la maggior parte del tempo non ce ne accorgiamo. Crediamo di vivere in Ajna. Siamo convinti di essere i padroni di casa nostra. Ma se pensiamo che i nostri pensieri siano la nostra epifenomenologia e che siamo noi ad averli avuti, dimentichiamo fin troppo velocemente quanto spesso siano i pensieri a possederci.”
Jung, nel proseguire del commento, mira a sottolineare l’enorme differenza fra i modi di pensare occidentale e orientale. Il primo rimane concentrato sulla coscienza, in Ajna, ma il suo stato è ancora in Muladhara, l’Europeo “discende” nell’inconscio, l’Orientale “risale” nell’inconscio. Il sistema dei Chakra, precisa Jung, per l’occidentale è ribaltato.
Da questo noi ne dobbiamo trarre conclusione che il nostro sistema di pensiero si trova al lato opposto di quello Orientale. Da qui l’ipotesi che insistere sull’estremo riduzionismo non sia sufficiente, stiamo commettendo l’errore di pensare che il nostro sistema di pensiero possegga tutti gli assiomi necessari a comporre ogni verità. Come ha dimostrato Godel, questo tentativo è destinato a fallire.
Se sia possibile una integrazione tra psicoanalisi, neuroscienze, filosofia della mente, filosofia orientale, misticismo, yoga etc, è difficile da ipotizzare.
Tuttavia, la sola conoscenza di questa vasta gamma di punti di vista definisce un quadro estremamente interessante, che cosa serverà la permeabilità annunciata fra occidente e oriente?
Bibliografia:
[1] David Chalmers, Philosophy of Mind: Classical and Contemporary Readings, 2002
[2] A. De Palma , Mente e corpo Dai dilemmi della filosofia alle ipotesi della neuroscienza, 2004
[3] Alejandro Jodorowsky, Psicomagia, 1997
[4] Francesco Berto, Logica da zero a Gödel , 2008
[5] Piergiorgio Odifreddi, Il diavolo in cattedra, 2003
[6] Douglas Hofstadter, Godel, Escher, Bach: un’eterna ghirlanda brillante, 1979
[7] Francois Ansermet, Pierre Magistretti, A ciascuno il suo cervello, 2008
[8] C.G. Jung, L’uomo e i suoi simboli, 1967
[9] Dennett Daniel C., Coscienza. Che cosa è, 1991
[10] Paramahansa Yogananda, Autobiografia di uno yogi, 1946
[11] Fritjof Capra, Il tao della fisica, 1975
[12] C.G. Jung, La psicologia del Kundalini-Yoga, 1932