Con questo articolo vogliamo iniziare un percorso che possa condurre a comprendere quali sono le difficoltà che riscontrano gli insegnanti di oggi. Spesso se ne parla e se ne discute, analizzando i pregi e i difetti di un sistema che, oltre a essere obsoleto, non trasmette alle nuove generazioni quelle basi fondamentali che possono portare alla comprensione e all’assimilazione delle materie. Per questo motivo vogliamo lasciare spazio a coloro che, giornalmente, affrontano un lavoro che dovrebbe essere basato soprattutto sulla passione e non sul dovere, cercando di comprendere cosa è cambiato nel tempo e quali sono i disagi reali.
Scuola: una realtà sconosciuta
Di Mirella Frascolla
Da dove cominciare per parlare di scuola? Credo che occorra partire dalla “passione” per arrivare poi a tutti gli annessi e connessi di questo universo sconosciuto a molti. In tutti gli ambiti lavorativi ne occorre molta ma per chi sceglie la strada dell’insegnamento credo sia particolarmente richiesta per diversi motivi. Primo fra tutti la consapevolezza di avere a che fare con bambini o ragazzi da accompagnare nel complicato percorso della crescita e di cui si sarà inevitabilmente esempio e punto di riferimento. La mia personale esperienza inizia da ragazzina, all’età di 18 anni, fresca di diploma di Istituto magistrale. All’epoca aiutavo un gruppetto di bambini di scuola elementare al pomeriggio nell’esecuzione dei compiti e questa iniziale pratica mi fece comprendere che quella era la mia strada, ciò che mi piaceva davvero fare: lavorare con i bambini, entrare nel loro mondo per coinvolgerli nella conoscenza in uno scambio reciproco dinamico e non di noiosa trasmissione di concetti e nozioni. Da allora è passato molto tempo, ho conosciuto migliaia di bambini dai 3 agli 11 anni, italiani e stranieri, con problemi di apprendimento e non, con problemi comportamentali o in situazioni di svantaggio sociale ed economico. Quello che all’esterno delle mura scolastiche non si percepisce è la varietà enorme di difficoltà che un insegnante deve affrontare quotidianamente e, in molti casi, deve arrangiarsi a risolvere da solo. Ma torniamo al discorso della passione.
In questi anni ho collaborato con giovani laureandi e laureati in pedagogia o in scienze dell’educazione che hanno preso ad esempio il mio lavoro in classe. Parlo di ragazze ma anche di ragazzi. Le tirocinanti svolgono il compito di osservatrici durante le lezioni e alla fine del monte ore stabilito, hanno l’obbligo di stilare una relazione sull’esperienza osservata nella scuola da consegnare all’università. Attualmente sto lavorando in collaborazione con un giovane laureato da pochi mesi che segue gli alunni in difficoltà di apprendimento nella mia classe. Perché parlo di loro? Perché in quei ragazzi ho percepito la passione e l’entusiasmo per l’insegnamento, la voglia di fare cose vecchie e nuove riuscendo a mettersi costantemente in gioco, consapevoli della fatica e dei sacrifici che tutto ciò comporta. A mio parere, questi sono i requisiti primari per chi vuole entrare a far parte del mondo della scuola in modo costruttivo. Un mio collega in pensione mi ha scritto pochi giorni fa: “La buona scuola da sempre la fanno i buoni insegnanti” e io sono assolutamente d’accordo con lui.