A dieci mesi dall’approvazione delle delega nucleare e ad oltre 2 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto attuativo, il quadro normativo ed istituzionale per il ritorno all’atomo è ancora un canovaccio senza parti né scenografie.
Entro il 7 febbraio scorso dovevano essere adottate le delibere CIPE per la definizione delle tipologie di impianto realizzabili nel territorio e dei criteri e le misure atti a favorire la costituzione di consorzi per la costruzione e l’esercizio degli impianti. Le delibere del comitato interministeriale sono previste dalla legge energia del luglio 2009 e dovevano essere adottate contestualmente al decreto che disciplina la localizzazione e l’autorizzazione degli impianti (d.lgs 31/10). Ma stanno per scadere anche alcuni dei termini previsti da quest’ultimo, più recente, decreto: entro il 23 maggio dovranno, infatti, essere adottati i decreti ministeriali che definiscono i contenuti delle istanze per la certificazione dei siti e l’autorizzazione delle centrali, nonché i requisiti soggettivi dei proponenti.
In ritardo anche la pubblicazione in gazzetta ufficiale dello Statuto, già firmato dal Presidente del Consiglio a fine aprile, dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare, il perno della nuova politica energetica. Sul lato istituzionale, il puzzle dovrà poi essere completato con l’approvazione del regolamento di organizzazione e funzionamento dell’autorità e con le relative nomine. Se per mesi il braccio di ferro tra i ministeri dell’ambiente e dello sviluppo economico è stato alla base del mancato accordo sugli equilibri da dare all’Agenzia, ora è la poltrona vuota in Via Molise a suggerire cautela.
La prudenza mal si addice all’urgenza. Entro sessanta giorni dall’adozione della strategia nucleare del governo, la nuova authority dovrebbe mettersi al lavoro per definire un primo schema di criteri per l’individuazione delle aree idonee alla localizzazione degli impianti. I termini previsti dal decreto nucleare sembrano comunque destinati a saltare. La strategia, ai sensi della legge, è attesa per il 23 giugno, ma il rispetto del termine è pura utopia. Il sottosegretario all’energia, Stefano Saglia, ha fatto sapere che il Governo intende impegnarsi alla sua elaborazione, in tempi però ben diversi da quelli stabiliti con il decreto 31/10. Non prima di autunno, secondo le previsioni del Governo. L’obiettivo di vedere firmato il primo decreto di autorizzazione in questa legislatura si fa quindi sempre più lontano. Quello, più volte annunciato, di assistere alla posa del primo mattone, non ha mai avuto, invece, alcuna credibilità.
Sia ben chiaro, il vuoto lasciato da Claudio Scajola, convinto promotore dei passi finora compiuti, non lascia spazio a regressioni e ripensamenti. Il Ministro dell’ambiente Stefania Prestigiacomo ha fatto sapere che è intenzione del Governo andare avanti per la strada tracciata. Tant’è che il 24 maggio il 24 maggio il ministro si recherà a Trieste per firmare il protocollo d’intesa italo-sloveno sulla sicurezza nucleare e due giorni dopo si recherà a far visita al cantiere dell’impianto Epr francese di Flamanville con i membri della commissione di Valutazione di impatto ambientale.
Proprio il dicastero di Via Cristoforo Colombo sembra destinato a giocare un ruolo decisivo nell’approvazione del documento programmatico del Governo per il ritorno al nucleare. Con la riforma del cosiddetto Codice ambiente, contenuta in uno schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri e prossimamente all’esame delle commissioni parlamentari competenti, si prevede che i pareri espressi dal Ministero dell’ambiente a conclusione della valutazione ambientale strategica diventino vincolante per le autorità procedenti che adotteranno i piani sottoposti a VAS. Tradotto in altri termini, il dicastero di Via Cristoforo Colombo, nell’ambito della valutazione ambientale strategica cui sarà sottoposta la strategia nucleare, potrà dettare condizioni inderogabili per la sua approvazione.
Le novità potrebbero riflettersi in una più difficile composizione degli interessi in gioco; ciò comporterebbe ulteriori ritardi in un iter di per sé lungo e accidentato. Il mancato rispetto dei tempi registrato nell’adozione dei principali provvedimenti per l’avvio della politica nucleare sembra quindi essere un dato destinato a caratterizzare ancora a lungo il processo di ritorno all’atomo.
All’immobilismo della politica e l’impasse del ministero guida risponde l’attivismo degli operatori. Sulla scacchiera la cordata Enel-Edf muove per prima, ma sembra oramai cosa fatta la costituzione di un nuovo consorzio E.On – GdfSuez. Tecnologie diverse e di avanguardia si propongono alla politica energetica italiana. L’intesa franco-tedesca conferma la fiducia riposta dagli operatori nella realizzazione del programma nucleare italiano, nonostante i pezzi ancora mancanti. Al Governo il compito di onorare gli impegni assunti.