Dalla parte di Benny.
Ormai dal 1927 il TIME, storico magazine d’oltreoceano, dedica la prima copertina del mese di dicembre alla “Persona dell’anno”: da Lindbergh ai ribelli ungheresi, passando per Hitler e Khomeini.
Eppure, se dovessi assegnare il mio personale premio “Personaggio dell’anno”, non potrebbe che andare a lui, il predecessore: Benedetto XVI.
Oggetto di una silente damnatio memoriae, dimenticato con fretta dolosa dai media e, di conseguenza, da tutti, è personalità complessa e interessante, la cui levatura, testimoniata dal suo ultimo atto, merita ben altra attenzione.
È lui il personaggio dell’anno, e lo è proprio per le sue dimissioni: in un’epoca in cui tutti fuggono dalle proprie responsabilità, in cui c’è sempre una giustificazione per quanto fatto, o peggio, non fatto, Joseph Ratzinger ha spiazzato tutti, con un atto umile e, insieme, potente.
Benedetto XVI è il papa tradizionalista, che stravolge la tradizione pur di conservarla. È rivoluzionario prima di Francesco e più di Francesco: nel suo disegno, non il potere, ma la rinuncia al potere, è ciò che serve per governare. Riconoscere la propria adeguatezza o inadeguatezza di fronte agli oneri e ai risultati, anche cedendo il passo se c’è chi può assolvere meglio al compito, è il suo grande insegnamento, che travalica i confini della religione e abbraccia tutti gli uomini. Vale per il Papa, e per chiunque assolva a ruoli di responsabilità, sia il Presidente della Repubblica, o della locale bocciofila.
“Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma”.