"The Blair Witch Project" è un film che ha fatto molto discutere
"The Blair Witch Project" è un film che ha fatto molto discutere. Ha diviso pubblico e critica in due fazioni opposte, quelli cioè che sostengono si tratti di un autentico capolavoro, e quelli invece che lo criticano ad oltranza, accusandolo di essere soltanto una trovata da botteghino, visti gli introiti ottenuti a fronte delle reali spese sostenute. Certo il clima d’attesa che il film ha suscitato, le leggende nate intorno alle vicende narrate, e non ultimi la delusione e il rammarico del pubblico nel trovarsi di fronte a un prodotto così originale, hanno fuorviato alla fine il giudizio di molti. Certamente non sta a me, in questo momento, schierarmi da una parte o dall’altra: ciò che veramente mi interessa è di metterne in luce alcuni aspetti interessanti. Lasciando quindi stare ogni giudizio di valore, non possiamo non notare che, oggettivamente, questo film ha dato il via a tutta una serie di imitazioni o plagi che, in un modo o nell’altro, hanno cambiato la maniera tradizionale di intendere l’horror. È inevitabile inoltre che chiunque si accosti alla pellicola con un minimo di disponibilità, accantonando per un attimo ogni critica occasionale, sia preda di una particolare inquietudine, sensazione ben diversa dalla semplice paura. Proveremo quindi a partire da qui, e più specificamente dal valore che nel film viene ad assumere la prospettiva.La visione in soggettiva è sempre sottilmente inquietante: cosa mai si nasconde oltre quella visuale?
La storia dei tre ragazzi smarriti in un bosco, per quanto banale possa sembrare a prima vista, ha in ogni caso il potere di coinvolgerci e impressionarci, e tutto questo proprio grazie alla visione in soggettiva. Ciò che di solito nel cinema rappresenta un momento particolare del tessuto narrativo, si trasforma adesso in una regola fissa, per cui la visione personale diventa l’unica prospettiva possibile. Gli attori ci prestano, per così dire, i loro occhi, dal momento che vediamo solo ciò che vedono loro, ed ignoriamo tutto il resto. Ora, ciò che fa veramente paura, così nella realtà come negli incubi, non è tanto ciò che riusciamo a vedere e a toccare, ma quello che sfugge alla nostra visuale e rimane pertanto al di fuori del nostro controllo. È quanto scriveva Freud a proposito del 'perturbante': è perturbante tutto quello che rievoca in noi le nostre paure ancestrali, infantili, che con il tempo avevamo rimosso in nome di una 'realtà' più o meno definita, dentro la quale ci sentivamo immuni. La 'protezione della realtà' in questo modo vacilla, e ci si trova nuovamente ad avere a che fare con i propri fantasmi. Non esiste un 'perturbante collettivo', che sia uguale ogni volta per tutti: le paure profonde sono tutte soggettive, perché tutto ciò che è condiviso è anche, in un certo modo, più abbordabile e molto meno inquietante. Il cinema viene a perdere così tutta la sua onniscienza: non esiste più quel punto di vista esterno, asettico, quel qualcosa che è presente ma è al di fuori della storia. Le telecamere, infatti, sono state incorporate nella finzione stessa. In questo modo l'impressione di realismo si rafforza: un altro passo verso il 'realismo totale', che è da sempre il grande sogno della macchina del cinema - chi non ricorda il treno in corsa dei fratelli Lumière?"Mike è lì, con la faccia contro il muro come se fosse in castigo"
Ultima scena del film. I due ragazzi superstiti si avventurano di notte una casa abbandonata in mezzo al bosco. Tutto intorno c'è il buio completo, e l'unico modo di vedere qualcosa è di guardare attraverso la telecamera a raggi infrarossi. Lasciando stare la palese infrazione del principio elementare di realtà, secondo il quale non sarebbe possibile, in un momento di terrore come quello, non liberarsi di un peso superfluo com'è appunto una videocamera; accantonando perciò quella che in fondo è l’incongruenza di base di ogni reality, proviamo a immedesimarci per un attimo con quanto vediamo. Mike è lì, con la faccia contro il muro come se fosse in castigo, come facevano a quanto pare i bambini prima di essere divorati dalla strega; Heather, la ragazza, lo raggiunge dopo una corsa frenetica, gridando con tutto il fiato che ha in gola e chiamandolo disperatamente per nome. All’improvviso un colpo secco la fa crollare al suolo; la telecamera si spegne, e contemporaneamente finisce anche il film. Cos'è successo? Non abbiamo visto il mostro, non abbiamo visto nulla! Eppure il mostro c'era, ma non era un'invenzione del film. L'abbiamo messo lì noi, gli abbiamo dato il profilo delle nostre paure.