A volte, per fornire assistenza sanitaria nelle regioni più disparate del globo c’è bisogno di organizzazioni umanitarie che si appoggiano a una fitta rete professionale. Non sono personale medico, ma anche amministrativi che interagiscano con le realtà politiche locali con l’obiettivo di assicurare adeguato supporto logistico agli interventi medici. Si sviluppa su queste basi la carriera di Gianluigi Lopes. Pescarese, 36 anni, lavora dal 2008 con Medici senza frontiere, l’organizzazione no profit composta da 23 sezioni nazionali riunite sotto un unico statuto.
La sua formazione è tutt’altro che affine alla professione medica: si è laureato in Scienze politiche a Bologna e ha collezionato esperienze varie in Italia e all’estero prima di superare le selezioni per Msf. «Ciascuna delle sezioni nazionali», spiega Lopes, «recluta operatori umanitari che affiancano il personale medico con operazioni di liaison e advocacy».
Stiamo parlando di un processo di intermediazione che fa riferimento alle realtà politiche dell’area in cui si opera per facilitare – anche con campagne stampa – l’assegnazione delle risorse a sostegno delle missioni. E di missioni, Gianluigi, ne ha fatte diverse lavorando con Msf in vari Paesi tra cui n vari paesi tra cui Haiti, Sudan, Congo, Cambogia, Sud Africa, Lesotho, Liberia, Libano e Lampedusa. L’impegno più recente è quello volto a fronteggiare l’emergenza Ebola. Da quando è scoppiata l’epidemia in Guinea il 22 marzo 2014, Msf sta lottando contro Ebola alla pari di altre organizzazioni. Ricordiamo ad esempio Emergency e la forte paura per il caso di Fabrizio Pulvirenti, il medico contagiato dal virus (poi guarito).
L’epidemia, che è stata la più tragica di sempre, sta interessando ora tre Paesi dell’Africa Occidentale: Guinea, Liberia e Sierra Leone. Ad oggi sono stati registrati oltre 10.000 morti nella regione. «Da novembre ai primi di marzo», spiega, «sono stato impegnato nella Ebola task force, sia nella sede di Bruxelles, sia a Free Town in Sierra Leone. Si è trattato della mia terza esperienza in questo Paese africano: se da un lato quest’area ha finalmente preso le distanze dalla la terribile eredità della guerra civile (1991-2002), l’emergenza Ebola ha messo a dura prova le realtà locali». Un’esperienza forte anche per i singoli operatori. «Ebola è una sorta di nemico invisibile che produce risultati nefasti. Tuttavia», sottolinea, «mi sono sempre sentito tutelato dai rigidi protocolli di bio-sicurezza internazionali che Msf applica alla lettera. Se si è ben informati e se si sa cosa fare, i rischi di contagio sono quasi nulli. Infatti al centro dell’azione di lotta a questa malattia c’è la prevenzione. Un set di regole la cui divulgazione è forse più importante dell’azione terapeutica in sé».
di Fabio Iuliano – fonte il Centro