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Chissà cosa prova un pesce in una bolla d'acqua? Magari penserà che il mare è tutto lì, che tutto quanto c'è da vedere è a portata di mano, o di pinna! Probabilmente il pesce pensa che la sua bolla sia il mondo intero e tutto sommato vive felice perché lo può visitare come desidera. Strano? No, non è così strano. Anche per molti esseri umani è così. Vivono in una bolla, si guardano intorno e pensano che il mondo sia tutto lì.
Oggi ho ripensato a questo quando ho sentito le dichiarazioni del sottosegretario al lavoro Michel Martone a proposito dell'età media dei laureati in Italia. Leggo nell'articolo di Repubblica: "Dobbiamo dire ai nostri giovani - dice il vice della Fornero - che se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato, se decidi di fare un istituto tecnico professionale sei bravo. Essere secchione è bello, almeno hai fatto qualcosa."
Inutile dire che la dichiarazione ha sollevato un vespaio di polemiche. Il sottosegretario avrebbe chiarito il senso del suo pensiero dicendo che ha peccato di sobrietà pur avendo toccato un problema reale. Il problema è sicuramente reale, basta una banalissima tabella di raffronto dell'età media di laureati tra paesi europei per accorgersi delle differenze, ma quello che è mancato a Martone non è la sobrietà quanto la capacità di analisi di fenomeni sociali complessi. No, non è una questione di sobrietà quanto piuttosto di superficialità o di sindrome del pesce nella bolla, per usare la metafora che ho introdotto.
Quel che è peggio è che spesso la scarsità di mezzi analitici è spesso compensata con osservazioni da bar dello sport, pensando magari di aver centrato il punto. "Little knowledge is a dangerous thing", diceva Alexander Pope. Sapevamo che questo è un governo di tecnici e probabilmente un tecnico è tale perché ha una buona conoscenza del proprio ambito specifico ma non sarebbe certo pretendere troppo se si chiedesse al tecnico di allargare i propri orizzonti culturali, magari considerando quelle discipline che dedicano la loro attenzione alle dinamiche sociali, ne avrebbe sicuramente giovamento. Farlo aiuterebbe, se non a trovare risposte a formulare domande, che solitamente sono più interessanti delle risposte. Domande del tipo, perché ci si laurea tardi in Italia? Non sarà che sta cadendo la fiducia nell'istruzione superiore per trovare un lavoro degno di questo nome? Non sarà che lo status di studente rinvia quello di lavoratore? Quello sì uno status da sfigato in Italia! Quali sono le ragioni sociali e politiche dell'innalzamento dell'età media di laureati in Italia? Quali le dinamiche temporali e le eventuali responsabilità? Responsabilità del sistema universitario, delle famiglie, della politica, del mondo del lavoro?
Torna in mente una celebre citazione Claude Lévi-Strauss: «Lo scienziato non è una persona che dà le risposte giuste, è una persona che pone le domande giuste.» Ecco, mi sarei aspettato da un sottosegretario di questo come di qualsiasi altro governo che sentisse l'urgenza di porsi delle domande più che sottostare alla foga di dare delle risposte da bettola. Già in precedenza, in questo post, ho avuto modo di porre delle domande al prof. Martone, tra gli altri, chissà se avrà mai avuto modo di leggerle? Può darsi, dopotutto, oltre ad essere sottosegretario e docente universitario, è anche un blogger.
Tanto per sgombrare il campo da banalissime accuse di "autodifesa". Visto che il sottosegretario "apprezza" chi decide di fare un istituto tecnico professionale, ebbene, ho frequentato un istituto tecnico professionale, grazie al lavoro di mio padre ho avuto la fortuna di non dover lavorare per laurearmi e l'ho fatto che avevo 24 anni, cum laude, come si dice nell'ambiente accademico, ma non mi ha mai, dico mai, sfiorato il pensiero che il valore di una persona potesse essere deciso dal tempo che ci mette a laurearsi o dalla media di voti agli esami. Per mia fortuna sono fermamente convinto che una persona sia la propria storia, dettata da mille contingenze, e non un banalissimo libretto universitario. Ho visto delle persone eccezionali laurearsi tardi e con medie risicate e ho visto degli emeriti idioti laurearsi a pieni voti, qualcuno ha fatto persino carriera universitaria.
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COMMENTI (1)
Inviato il 25 gennaio a 19:37
Bella l'immagine del pesce e della bolla! Non è la laurea che qualifica la persona, ma l'impegno, le capacità, la competenza acquisita: il problema è se si crede che un "pezzo di carta", ottenuto talora in maniera svogliata e con basso livello di competenze, possa di per sè fornire un posto di lavoro secondo le proprie aspirazioni, talora irrealistiche ed eccessivamente ottimistiche.