Il petrolio italiano

Creato il 20 maggio 2014 da Speradisole

IL PETROLIO ITALIANO

Con una lettera dal titolo “Quel mare di petrolio che giace sotto l’Italia” Romano Prodi è chiarissimo: trivellare per uscire dal guado. L’ex premier scrive al Messaggero la sua ricetta per “trovare i soldi”. “Una parte di questi soldi – scrive Prodi – la può trovare scavando – e non scherzo – sotto terra”.

Spiega, l’ex candidato poi “bruciato” nella corsa al Quirinale – che “il nostro Paese è al primo posto per riserve di petrolio in Europa, esclusi i grandi produttori del Mare del Nord…Abbiamo quindi risorse non sfruttate, unicamente come conseguenza della decisione di non utilizzarle. In poche parole: vogliamo continuare a farci del male”.

Nel testo Prodi fornisce poi dei numeri: “Possiamo produrre 22 milioni di tonnellate di idrocarburi entro il 2020″, si attiverebbero “investimenti per 15 miliardi dando lavoro a decine di imprese”. Specifica però che “il principio di precauzione ha la precedenza su tutto” e testimonia che “sicurezza e protezione ambientale hanno la priorità”.

L’ex inquilino di Palazzo Chigi individua nella “Basilicata e terre limitrofe” giacimenti che andrebbero sfruttati. Parla solo di quelli “in mare aperto”, giacimenti che “se non li sfrutta l’Italia verranno presi dalla Croazia”. E ribadisce che “per gli esperti non c’è nessun rischio”. Insomma, chiosa Prodi, cerchiamo di “utilizzare in fretta gli strumenti che abbiamo” (http://www.huffingtonpost.it/2014/05/18/prodi-petrolio-trivellare_n_5346152.html?utm_hp_ref=italy)

HA ESAGERATO? PER NIENTE.  GUARDATE CHI CI TROVIAMO IN ITALIA

LE TRIVELLE IRLANDESI

Al ministero dello sviluppo economico italiano (Paolo Romani, anno 2010) c’è chi firma permessi o almeno li ha firmati. E così abbiamo le trivelle petrolifere sotto casa.

E’ successo in Sicilia, almeno una concessione ha avuto il via libera e sta scavando con le sue trivelle.

Gli amministratori locali, l’hanno appreso dai giornali!!!

Le richieste pervenute al ministero sarebbero già più di 20. La Sicilia è terra prelibata per le compagnie petrolifere di canadesi, irlandesi, yemeniti, inglesi, texani, nonchè di Eni. Ci si era allarmati per le trivellazioni della BP in Libia, ma ora il rischio è persino peggiore. 

Ignazio Passalacqua è un consigliere provinciale a Trapani.  In una bella domenica di aprile, va a prendere il caffè nel solito bar di Marsala, dove vive ed intanto che aspetta, sfoglia il “Giornale di Sicilia”.

E trova un annuncio piccolo piccolo con la notizia che la ditta San Leon Energy aveva ottenuto, dal governo italiano, i permessi per effettuare ricerche petrolifere e di sostanze gassose, a un chilometro dalla costa trapanese. La provincia di Trapani aveva 60 giorni di tempo, per fare le sue osservazioni.

La provincia lancia l’allarme: comincia una raccolta di firme, si presentano mozioni.

Il ministro Prestigiacomo,  dell’Ambiente, ci mette una pezzuolina che è una miseria, giusto per fare qualcosa, e dice “a 5 miglia dalla costa e a 12 per le zone di riserva naturale”.  Anche Granata, il finiano doc, non la prende bene e dice che quello che la Prestigiacomo propone è proprio poco.  Negli Usa, per esempio, il  limite è ben oltre le 5 miglia.

Ma la cosa si aggrava, perché la questione è come un iceberg, si vede solo la punta. Da Trapani a Capo Passero, tutta la costa sud siciliana, si è scoperto che è tutta assediata dall’interesse di piccole e grandi compagnie petrolifere. Così,  oltre a trovarci le trivellazioni della BP a pochi chilometri da Lampedusa, ci si trova una costa intera assediata.

Per l’esattezza la compagnia San Leon Energy, che vanta un capitale sociale di 20.000 (ventimila) euro,  è una compagnia irlandese che annuncia di essere autorizzata  dal Ministero, con un documento intestato al responsabile affissioni del Comune di Sciacca, cioè all’usciere,  e che presenta uno studio di 36 pagine in cui gli errori (il porto di Ancona sarebbe collocato in Sicilia) hanno i tratti del copia incolla.

Vicenda curiosa, subito denunciata alla Procura del Comune ragusano.

Le società che hanno fatto richiesta per le trivellazioni in Sicilia hanno chiesto di non essere sottoposte a verifiche ambientali (sostanzialmente vogliono fare come pare a loro, non vogliono controlli).

La Regione siciliana, tuttavia, anche se non può fa nulla contro queste istanze, perché sono di competenza del governo nazionale, ha approvato una mozione di vincolo totale, perché molte di queste trivellazioni sono previste a pochissimi chilometri da riserve naturali.

 In ogni modo, anche se impotente, la Regione annuncia battaglia.  Roberto di Mauro assessore al territorio e all’ambiente della regione Sicilia ha riunito i sindaci e ha dato vita a un comitato. Inoltre i soldi delle licenze non andranno a favore della Sicilia, ma a Roma, altro che federalismo! (fonte: l’Unità)

(http://speradisole.wordpress.com/2010/08/15/le-trivelle-irlandesi/)

IL PARERE DEL MINISTRO GUIDI

Romano Prodi, in un editoriale su ‘il Messaggero’ e in un colloquio con l’HuffPost, riprendendo una notizia di qualche settimana fa, ha scritto che l’Italia naviga letteralmente su un mare di petrolio che potrebbe permettere di raddoppiare a 22 milioni di tonnellate la produzione nazionale ma l’immobilismo di Roma sta lasciando alla sola Croazia lo sfruttamento di queste risorse, localizzate soprattutto in Adriatico. Sempre sul quotidiano romano, arriva la risposta del ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi.

“Per l’Adriatico è stato emanato nel 2013 un decreto di rimodulazione delle aree marine aprendo nuovi spazi di ricerca. Abbiamo insomma disciplinato dove è possibile intervenire e dove no - spiega il ministro – tutto questo in attesa del recepimento della direttiva europea del 2013 sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi. Questo perché come Italia dobbiamo pretendere il massimo livello di sicurezza ambientale. Abbiamo industrie italiane che ne sarebbero valorizzate. Non possiamo sottovalutare questo aspetto”.

Ma mentre noi aspettiamo il recepimento della direttiva europea la Croazia va avanti. Entro fine anno le concessioni saranno assegnate e i lavori cominceranno. Ci conviene? “Ovviamente tutto questo non deve essere un alibi per non fare nulla. La moratoria in attesa della direttiva è stata una mediazione passata al vaglio delle commissioni parlamentari. Credo che si possa fare di più e meglio. Nel frattempo credo che insieme al ministro dell’Ambiente possiamo arrivare rapidamente al recepimento per evitare che questa moratoria ci faccia perdere ulteriori opportunità. Dato che tutto il mondo lo fa, non capisco perché dovremmo precluderci la possibilità di utilizzare queste risorse, pur mettendo la tutela dell’ambiente e della salute al primo posto”.

(Tratto da http://www.huffingtonpost.it/2014/05/20/petrolio-adriatico-guidi-estrarremo-ambiente_n_5355746.html?utm_hp_ref=italy)

Io sono del parere che se il petrolio è italiano non venga estratto dai Croati per i loro bisogni.

Quoto il Ministro Guidi.



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