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Un uomo qualunque. Normale. Gestore di un vivaio di piante in periferia. Ma nasconde un potere devastante: fa comportare onestamente e con buonsenso le persone che avvicina. E questo destabilizza il potere; che decide di eliminare " il problema" alla radice. In aiuto del "problema" accorrerà una figura assurda, grottesca, irreale. Giovanni è " il problema" e Granchio il soccorritore, misteriosa scorta inviatagli da altrettanto misteriosi personaggi (servizi segreti deviati dai deviati? Mafie? Poteri ancor più occulti degli occulti? ai lettori la risposta). Sono i protagonisti de "Il piantagrane" l'ultimo libro di Marco Presta. Una satira sul potere, sulla società e sulla difficoltà per le persone "normali" di vivere in una realtà che vorremmo fosse fatta di onestà, civiltà, rispetto; tutto ciò che manca in Italia, perché la nazione ideata da Presta è immaginaria ma, chiaro, non si fatica a sovrapporla al nostro "Belpaese", allo Stivaletto dei grilli, mari&Monti, dei naniballerini, degli "ingroia il boccone amaro", delle "mammolette che sbranano" etc etc . Ho faticato parecchio, però, rispetto a "Un calcio in bocca fa miracoli". Il libro non decolla mai, stenta, tossicchia e borbotta insomma, è come se fosse un po' scarburato. Ci sono passaggi, episodi notevoli molto divertenti o che ti lasciano un certo amaro in bocca, ma la costruzione dell'intero romanzo sembra fragile, mancante di quel passo in più per renderlo decisamente più accattivante. Il vero protagonista è Granchio - una figura che ricorda i disperati pasoliniani, i border line di Monicelli o di Scola - col suo linguaggio assurdo, un gramelot di periferia irresistibile; capace di gesti violentissimi per portare avanti la sua missione ( i furti delle auto con le relative motivazioni a seconda della scelta del modello sono geniali ) ma anche di gesti inaspettatamente teneri. E ti trovi a tifare per lui, mentre la figura di Giovanni rimane sempre un po' sbiadita, così come abbozzate e piuttosto stereotipate sono le altre figure di contorno. La mia sensazione è che Presta sappia dare il meglio di sé nelle storie, diciamo così, di quartiere, nella satira sul quotidiano, mentre se si avventura in storie che sono più consone ad autori come Pennac o Benni faccia un po' di fatica.
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