Magazine Psicologia

Il piccolo essere

Da Lepicentro
Il potere ci prende allo stomaco e non ci lascia più. È come un piccolo essere che interlaccia i suoi tessuti molecolari ai nostri, prolunga le sue vene fino al nostro corpo e oltre, aggancia il suo sistema nervoso al nostro a suon di frustate sinaptiche, vive del nostro battito cardiaco. E, al momento opportuno, ci inonda di endorfine che ci elettrizzano, ci danno un vivido piacere totalizzante, ci liberano la mente dalle negatività, pompano la nostra autostima. Come si fa a dire di no?
Certo, il piccolo essere vuole qualcosa in cambio, ma non te lo chiede: se lo prende. E quindi spesso non c'è dato di accorgercene, oppure lo ignoriamo nel terrore di realizzare l'enormità di tale costo. Ma cosa è, cos'è che ci sottrae impunemente? Per rispondere a questo quesito, occorre andare a trovare un caro amico del piccolo essere.
Se pensiamo a dove più il potere si sviluppa, prolifica e permane in maniera darwinianamente schiacciante su tutto il resto, notiamo una forma di organizzazione verticistica, più o meno consapevole e conosciuta. La società occidentale e non è organizzata in modo che esista un capo e infiniti sottocapi sotto di lui; le aziende nella maggior parte dei casi rispondono ugualmente a questa logica; il sistema familiare è esso stesso parte integrante di questo processo ed anzi, proprio perché spesso è strutturato in maniera gerarchica, è fonte dell'abitudine alla gerarchia fin da piccoli.
Un sistema perfetto, che si autoriproduce e si autoalimenta. Come il piccolo essere.
Ma qual è quel suo amico senza il quale lui stesso non potrebbe letteralmente vivere? Il ricatto.
Un capo comanda solo se è in grado di ricattare chi gli sta sotto: se tu non fai così, allora ti succede questo. Un rappresentante delle forze dell'ordine non avrebbe alcuna autorità senza il ricatto dello spararti, senza una legge che lo tuteli fortemente dandogli altri strumenti di ricatto. Un padre e una madre, spessissimo usano il ricatto per far fare ai figli quello che vogliono: se tu non fai così, allora ti succede questo.
Tutto ciò può sembrare esagerato e radicale: pensateci, è così. Possiamo intimamente dare un'accezione negativa o positiva a quello o quell'altro ricatto, ma questo non evita che la faccenda stia in questo modo.
L'unico caso in cui il potere non si basa sul ricatto, è quando una persona acquisisce autorevolezza agli occhi degli altri per meriti, per azioni intraprese, per comportamenti virtuosi, per intelligenza e saggezza. Allora gli altri gli concedono forme diverse di potere, che spaziano dall'ascolto attento, alla possibilità di gestire su mandato la propria società. Ma questo potere è difficile da ottenere e, spesso, una volta ottenuto, si mantiene con difficoltà. Allora tanto meglio usare il ricatto.
È a questo punto che il piccolo essere entra in scena con un ghigno: "ne ho fatto fesso un altro!" e lui si nutre, cresce e si moltiplica. E subito si prende il tuo corpo, il tuo cuore, la tua anima. Messa così sembra una favoletta per bambini: se ti sembra una favoletta per bambini, allora probabilmente hai sperimentato un po' di potere, più o meno consapevolmente, hai sperimentato il ricatto, più o meno consapevolmente.
Ne "Il Signore degli Anelli", Tolkien ci dice che la razza umana non è in grado di gettare l'anello del potere nel Monte Fato, l'enorme vulcano in cui è stato forgiato. Eppure l'anello alla fine dentro il magma ci va, per caso, per un disguido tra esseri fantastici non umani, che però rappresentano lati tipici dell'umanità. Chi non ritrova un po' di Frodo e un po' di Gollum in se stesso?
Allora forse le cose stanno diversamente, allora la possibilità di liberarci del potere alberga anche in noi. Basta cercarla.

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