Così scrive Basho, il monaco poeta del Giappone medievale, l'uomo in perenne cammino, leggerezza e irrequietezza a sospingerlo via. Cammino, vento, versi come sospiri: questa la vita che scelse, lui che un tempo aveva agognato di farsi una posizione nel mondo. Tranne poi capire che siamo come pioggia, che cade ed evapora, al massimo può regalare una stilla di bellezza.
Pellegrino vorrei fosse il mio nome alle prime piogge d'autunno.
Basho, nome che non era il suo, nome scelto per onorare il banano cresciuto rigoglioso davanti alla sua capanna (questo, in giapponese signifca Basho: banano). Nome che ci evoca il più grande dei compositori di haiku, manciate di sillabe, istanti di poesia come lampi luce. Nome che, forse più correttamente, dovrebbe richiamare la figura di un pellegrino che ci ha lasciato alcuni piccoli grandi libri di viaggio. Altrettanti gioielli che ancora riescono a trasmetterci le stesse emozioni di una vecchia stampa orientale. Come Piccolo manoscritto nella bisaccia (edizione SE)
Per ricordare il vento e le nuvole (di luoghi indimenticabili) ho annotato senz'ordine di tempo le mie impressioni: consideratele farneticazioni di un ubriaco, vaneggiamenti di chi dorme, e concedete loro un orecchio distratto.
Ma assai più di un orecchio distratto.