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Il pieno di espresso

Creato il 13 maggio 2014 da Luisellazeri @ARCHIzonzo
Per il ciclo "Diversearchitetture" pubblichiamo oggi il contributo di Dalila Mantovani al numero 96 della rivista Architettiverona. Dalila, giovane architetto Veronese impegnata nel campo della bio-edilizia, ci porta a conoscere la storia del "Cafè Torbido", nuova realtà Veronese che affianca la ristorazione d'avanguardia ad una pompa di benzina.
Fotografie di Lorenzo Linthout.
Si raggiunge il Cafè Torbido percorrendo la circonvallazione da Ponte Aleardi a Corso Venezia (via Francesco Torbido), proprio all'incrocio con via Bassetti dove si trova una delle stazioni di servizio più frequentate della zona. Dalla posizione potrebbe sembrare il classico negozio-cassa del distributore
– forse un tempo lo era - ed è invece oggi uno dei locali di maggior tendenza e più frequentati della vita notturna veronese.
Il pieno di espresso
Il luogo è decisamente insolito, ricco di suggestioni metropolitane, inglobato com'è tra elementi di infrastrutture urbane- la circonvallazione, il parcheggio e il distributore – e sembra riprodurre una atmosfera che si addice più alle capitali del Nord Europa che alla nostra benestante-benpensante città. Una volta entrati, la naturale concezione di “caffè” viene abbastanza stravolta: la struttura è rimasta quella originaria, con finiture poco accurate e una saracinesca come porta, ma lo spazio è arricchito da una serie di arredi ritrovati o riciclati che caratterizzano il locale. I pezzi e gli stili sono i più vari: troviamo accostati vecchi tavoli di legno da cucina, sedie anni ‘60 di materiali e colori assortiti, un grande specchio barocco, una macchina da cucire Singer utilizzata come porta oggetti, un vecchio pianoforte a muro, lampade e luci industriali...
Il pieno di espresso
I gestori del locale (Francesco Martinelli e Luca Bono) hanno in comune una grande amicizia, la passione per l’arte, la musica, la buona cucina e l’attenzione i fenomeni urbani. Provenienti da background diversi –Francesco ha studiato arti visive e Luca è architetto- hanno lavorato in vari settori approfondendo le loro passioni. Francesco ha collaborato come fotografo, designer e critico musicale con l’opportunità di vivere e visitare le grandi capitali europee; Luca ha sviluppato diverse esperienze come architetto a Venezia e Milano, continuando a tenere un piede nella ristorazione e coltivando la passione per la cucina dagli insegnamenti della madre. In questo momento di grande difficoltà, soprattutto per l’arte e l’architettura, hanno scelto di aprirsi una nuova opportunità con la gestione di questo locale ed esprimere sé stessi attraverso la ristorazione e la cucina. Abituati ad essere flessibili e dinamici, hanno dato finalmente un nome e un luogo a un progetto che era sempre rimasto latente. Francesco ha studiato l’arredamento del locale tra object trouvé e pezzi realizzati su misura, si occupa dell’organizzazione e della gestione del locale, sceglie la musica -spesso dal vivo- che è sempre protagonista assoluta. Luca è il cuoco e propone principalmente piatti della cucina tradizionale reinterpretati; sostiene che il progetto di un piatto sia come lo sviluppo di un progetto architettonico: si parte dallo studio delle materie prime, si imparano le loro caratteristiche, si trova l’accostamento migliore e infine si procede alla composizione (del piatto).
Il pieno di espresso
Oggi questa esperienza gli sta offrendo maggior soddisfazione che quella di architetto, trovando nella realizzazione di un piatto una gratificazione e un appagamento immediato, cosa che dimora diversi mesi rispetto ai tempi biblici per la realizzazione di un progetto architettonico. La loro idea di locale alternativo, dal carattere metropolitano e lontano dal centro, non poteva che nascere in un luogo come questo. Sensibili e attenti- per formazione o vocazione- ai movimenti urbani, li ha affascinati fin dall'inizio la sfida di ridare vita e nuova identità a uno spazio di risulta, immaginandolo come un catalizzatore per nuove attività. L’attenzione su questa area era già stata dimostrata da Luca durante la sua tesi di laurea, la quale proponeva nuove idee per ri-utilizzare, all’interno di Verona, questi luoghi di risulta, o non luoghi, come fulcri per la rigenerazione urbana. Ripartire dai luoghi dimenticati, da leggere e interpretare con una buona dose di creatività, come fa il Cafè Torbido dimostra di essere un interessante esempio di versatilità: versatilità del lavoro e versatilità di interpretazione degli spazi, che potrebbe portare a un interesse da parte di tutti i cittadini per avere, nella nostra città, meno “spazi fantasma” e una maggior scelta di “luoghi da vivere”.
" La cucina è progetto, è tecnica ma allo stesso tempo è un’arte, è passione. Coniugare questi fattori, è un lavoro complesso di ricerca e di sperimentazione, ed è da sempre mio intento, di cuoco e di architetto. Nasce dall'interesse per la materia, per le sue possibilità interpretative e l’importanza della sua origine, culturale e locale, per le sue qualità intrinseche e le possibilità celate di  una sua trasformazione, da singoli componenti ad unità organica, in cui le differenze tra le diverse matrici, emergano come valore. Forzare l’abitudine al gusto, informare il palato attraverso l’esperienza a tutto tondo della degustazione, condividere il processo lavorativo con chi siede alla mia mensa, è ciò che desidero offrire. " - Luca Bono.

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