Vittoria Averni
A volte quello che serve per tirarsi su di morale è un po’ di svago, una parentesi di distrazione dal tran tran quotidiano, che ci allieti e ci dia quella carica di buonumore che serve per tornare ad affrontare gli impegni di tutti i giorni. Ed è proprio questo che si propone di fare l’operetta in tre atti Il pipistrello di Johann Strauss jr. andata in scena con un nuovo allestimento al Teatro Massimo Bellini di Catania con la direzione del giovanissimo Andrea Sanguineti e la regia di Michele Mirabella. Sullo sfondo di un’allegra e ridente stazione termale nei pressi di Vienna è ambientata la storia di “vendetta” del notaio Falke burlato anni prima da un amico che l’aveva abbandonato, ubriaco, al ritorno da una festa in maschera alla quale era andato travestito da pipistrello. Falke era infine dovuto tornare a casa al mattino, in quella foggia, canzonato dai passanti. Se non fosse per questo antefatto inscenato a sipario chiuso nel preludio dell’operetta e più avanti narrato dagli stessi personaggi, non si capirebbe il nesso tra il titolo dell’opera e l’effettiva rappresentazione in cui fanno da protagonisti i canti, le danze, l’allegria, il brio licenzioso, gli equivoci, le seduzioni e i travestimenti della storia, che ha il suo apice nella lussuosa e sfarzosa festa rappresentata nel secondo atto. Infatti, i librettisti Carl Haffner e Richard Genée, rielaborando un vaudeville di Henri Meilhac e Ludovic Halévy intitolato Il risveglio, ne traggono un’opera in cui è esaltata e celebrata la leggerezza, la spensieratezza, l’ironia e la joie de vivre caratteristiche dell’Europa imperiale della fine dell’800.
In realtà un mondo di finta gioia e felicità fugace che adoperava danze sfrenate, canti e champagne come palliativi per il momento di crisi e di incertezza che stava vivendo e che potremmo paragonare al clima d’instabilità dei giorni nostri. E a rimarcare lo scopo di godere di questa gioia effimera è la musica che ne Il pipistrello è la vera protagonista assoluta. Sono infatti i valzer con il loro ritmo allegro, vorticoso e festaiolo a dominare la scena e a essere rappresentativi di quell’ansia di godere del momento effimero (non a caso Johann Strauss jr. è anche il compositore del celebre Sul bel Danubio blu) che trascinano gli interpreti, ma anche il pubblico in quel turbine di spensieratezza e godibile leggerezza che caratterizza le operette. Esaltano quest’allegria dell’opera la partecipazione di Maurizio Micheli e Tullio Solenghi, rispettivamente nei panni di Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi, ospiti a sorpresa della festa rappresentata nel secondo atto, che con uno sketch divertentissimo riescono a coinvolgere maggiormente gli spettatori e ad attualizzare ancor di più l’operetta. Altrettanto comica e ben riuscita è la performance di Francesco Foti nel ruolo del guardiano del carcere Frosch (Ranocchio nella traduzione italiana), che nella prima scena del terzo atto ci propone in modo esilarante il monologo introduttivo rendendolo un vero e proprio numero di varietà con gag particolarmente spassose.
Risulta molto buona l’interpretazione dell’intero cast, che com’è tipico dell’operetta alterna recitato e cantato dimostrando ottime capacità tecniche e sensibilità interpretativa, nel quale spicca il soprano Stefania Bonfadelli, nel ruolo di Rosalinde, per le notevoli doti canore. Degna di nota la prestazione del Coro e dell’Orchestra del Teatro Massimo Bellini diretti dall’appena trentenne Andrea Sanguineti, che ha sostituito il maestro Xu Zhong, il quale, a causa di un’improvvisa indisposizione, ha dovuto rinunciare all’impegno di dirigere Il pipistrello. Decisamente interessanti le scelte di regia di Michele Mirabella, che conferma ancora una volta eccellenti capacità e gusto nell’attualizzare, pur restando fedele, un’opera briosa, coinvolgente e di grande valore per le trascinanti e gioiose melodie di Johann Strauss jr., che mantengono inalterata nel tempo la loro capacità di allietare e trasportare il pubblico in uno stato di spensieratezza, necessaria per ritrovare anche nei momenti di maggiore tensione e crisi la giusta voglia di vivere.
Foto di Giacomo Orlando per il Teatro Massimo Bellini