L’ordinamento è una realtà composto di elementi reali dinamici in equilibrio: i soggetti che agiscono o patiscono nella dialettica dei diritti e dei doveri, i fatti che si verificano, le norme che simboleggiano i comportamenti e un complesso di valori. Ogni ordinamento è un luogo di relazione dinamica, di apertura e confronto ed è chiamato ad attuarsi, modellandosi in forme sempre nuove, al fine di essere sempre fedele alla propria origine. L’ordinamento giuridico si presenta come una entità complessa in tensione fra l’oggettività del reale, inteso in senso dinamico, aperto, prospettico e pluridimensionale e la soggettività propria della persona, con tutto il suo bagaglio di valori, che è inserita nell’ordinamento ma allo stesso tempo lo previene e lo vivifica con la sua capacità e propensione ad accogliere, illuminare, interpretare e dare il proprio originale contributo nel plasmare la profondità del reale in tutto il suo orizzonte di significato. Se ne deduce che nell’ordinamento giuridico si danno, quindi, due dimensioni, una fenomenologica che viene dal reale, e una ontologica che attraverso la persona pone istanze di senso, veri e propri varchi di senso non escludenti ed autoreferenziali.
Alla luce delle considerazioni fin qui proposte, occorre domandarci cosa rappresenta e chi rappresenta oggi un ordinamento giuridico. In entrambi i casi, apparentemente ben poco, specie in un momento storico, quale è il nostro, entro il quale sembrano andare in crisi i fondamenti storici che hanno portato a strutturare la società così come oggi sembra normale che debba esistere. Sembra quasi che il crollo delle ideologie del novecento e il rimescolamento di razze e culture che ha segnato gli ultimi decenni del XX secolo e che sono oggi il primo livello di confronto sociale, abbiano in qualche modo messo in dubbio certezze profonde, certezze tanto ancestrali da perdersi nei più reconditi ambiti di esistenza del nostro vivere in societate; quasi che la lettura sociologica di Zygmunt Bauman sulla società liquida abbia a ricadere inevitabilmente anche sul concetto giuridico di ordinamento, profilando un futuro incerto di “liquidità giuridica”. Il diritto, si sa, vive di parole, ma parole liquide nei significati fanno perdere credibilità al diritto stesso.
L’ordinamento giuridico è uno spazio pubblico accogliente, ma non è chiamato a relazionarsi con il singolo in quanto tale, cioè con singole istanze egoistiche, assecondando e soddisfacendo particolari e specifiche esigenze. All’interno dell’ordinamento giuridico non si danno soluzioni biografiche attinenti alla vita di uno solo e che sono soggette alle contraddizioni sistematiche del tempo. L’ordinamento giuridico organizza relazioni al tempo stesso libere ma interdipendenti capaci di generare nel confronto plurale e dialogico soluzioni soddisfacenti le istanze dei singoli e arricchenti la totalità della societas.
È un dato di fatto: l’incertezza della liquidità accentua il divario tra realtà sociale e certezze identitarie e trasforma l’ordinamento nel luogo del richiamo identitario, dove con più facilità si arroccano le solide certezze valoriali.
Nell’ordinamento giuridico sono strettamente connesse l’accesso al mistero del logos e l’agire relazionale e dialogico che ne consegue, e tale interconnessione non richiama un “vecchio ordine”, ma ne anticipa sempre uno nuovo; tanto che nessuna interpretazione è stabilita nella sua determinazione concreta una volta per tutte, ma è lasciata all’impegno di un’esperienza relazionale e comunitaria che si rinnova nei dinamismi del tempo, attraverso un esercizio di responsabilità creativa degli uomini, in una sorta di coessenzialità di istituzione e carisma.
In questo senso, ogni ordinamento è ordinamento del futuro. Un approccio al logos capace di rinunciare a ogni impulso precostituito e impositivo offre uno slancio insieme generatore di coerenza e apportatore di novità.
In una società sempre più irrinunciabilmente pluralista si fa pressante la necessità di una convergenza su ciò che è essenziale, senza egemonie e privilegi. Di fronte a tale situazione, anche la riflessione sulla legittimazione e sui limiti dell’ordinamento giuridico trova due orientamenti opposti. Di fatto, nella storia del concetto di ordinamento giuridico assistiamo al riproporsi di una frattura dicotomica tra il logos (come obbedienza alla verità), quando l’accento è posto sulla verità relazionale e plurale del “non ancora”, e il mythos (come presunzione di verità), quando in una interpretazione ideologica, nel senso di autoriflettente, esso rappresenta una immanente prospettiva di contingenza radicale e singolare dell’ “hic et nunc”.
La forma compiuta della relazione interpersonale configurata dal logos è la reciprocità di intenti e di obiettivi, quella cioè, che presuppone ed esprime la libertà del singolo nell’aprirsi costitutivamente al dialogo verso tutti coloro che sono impegnati nella ricerca della verità e della giustizia. Di contro, il mythos ideologicamente orientato introduce in uno spazio bidimensionale che manca del medium, di quella profondità che inibisce ogni tentazione di affermare una personale e non comunicate interpretazione della verità, tanto che questa non può che dirsi menzogna e ingiustizia, con tutte le conseguenze sociali, politiche e giuridiche.
A. Iaccarino, Legittimazione degli ordinamenti giuridici tra mito e utopia, in G.L. Falchi – A. Iaccarino, Legittimazione e limiti degli ordinamenti giuridici, 2012.