Per la procura di Torino sono almeno sette le aziende produttrici che dichiarano un olio di qualità superiore sull’etichetta.
Tutto ha inizio lo scorso giugno con una testata di tutela dei consumatori (Test) che ha analizzato alcune delle marche di olio più vendute dai supermercati d’Italia: su 20 oli, 9 sono stati bocciati dopo l’esame eseguito dal Laboratorio chimico dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Così la procura di Torino ha voluto indagare più a fondo.
Il pm di Torino Raffaele Guariniello ha iscritto sul registro degli indagati per frode di commercio sette rappresentanti legali di varie aziende: Sasso, Coricelli, Prima Donna, Antica Badia, Santa Sabina, Carapelli e Bertolli. Di questi, Carapelli, Bertolli e Sasso appartengono alla multinazionale spagnola Deolo che possiede il 50% del mercato oleario italiano e il 22% di quello mondiale.
L’olio extravergine dev’essere classificato secondo precisi parametri per essere considerato autentico: chimici, che riguardano il contenuto di acidità libera, e organolettici, rilevati dal “panel test”. Quest’ultimo, ormai obbligatorio per legge, viene effettuato da esperti che devono giudicare il sapore, il colore, l’aspetto dell’olio. Inoltre, l’olio extravergine è molto più costoso dell’olio d’oliva “vergine”.
Fortunatamente, il finto olio extravergine non è nocivo per la salute. Secondo Maurizio Martina, ministro per le Politiche agricole, questo è un settore da tutelare a tutti i costi. Anche la Coldiretti propone di tenere alta la guardia: l’Italia è il secondo produttore al mondo di olio extravergine dopo la Spagna, ma spesso gli oli importati vengono miscelati con quelli nazionali per acquisire una parvenza di italianità da sfruttare sul mercato nazionale ed estero.
E.S.
