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Il poeta

Creato il 21 dicembre 2009 da Lindaluna
Che sia chiaro: alcune donne ucciderebbero per un esemplare così. Ma altre no. E se sei del fronte del "NO", un poeta è più indigesto di un peperone ripieno.
Anche perchè ci sono poeti e poeti. Quelli autentici non sanno nemmeno di esserlo e mai si definirebbero così. Scrivono più per se stessi che per gli altri.
Il poeta di questo campionario invece è tutt'altra razza. Si autodefinisce "poeta" e già questo basta a farmi girare le scatole, anche perchè nella maggior parte dei casi lo fa perchè:
A) Vuole far colpo sulle ragazze
B) Non è soddisfatto della propria qualifica reale (dott., ing., rag., sig., ecc) e cerca di prenderne le distanze
C) E'un esaltato.
Tanto per cominciare il poeta ama fare citazioni. Diffidare sempre di chi cita Leopardi mentre si mette le dita nel naso, o cose simili.
Il poeta che ho conosciuto io era di un noioso letale.
Si definiva uno scapigliato, un dannato.
Scapigliato lo era perchè in testa c'aveva un pagliaio incolto e bisunto.
Era pure dannato: un dannato imbecille.
Quando andavamo a ballare, all'improvviso scompariva.
Lo ritrovavo sempre accucciato su un divanetto, come se lo avesse aggredito uno sciame di vespe.
"Che diamine ti prende!"
"Sto pensando alla vacuità della vita, al vuoto di questi giorni, all'effimero dell'esistenza, a te che balli e non ti rendi conto che la tua vita sta scorrendo.."
"Ho capito. Ma non ci puoi pensare in un altro momento?"
"Ogni momento è quello giusto"
"Sì, vabbè, Lavazza Crema e Gusto."
Una sera scese con "I fiori del male" sottobraccio. Io feci finta di niente sperando che fosse un'illuisione ottica. Ma lui mi disse con sorriso ispirato: "Stasera siamo in tre". "Ah, viene anche Vittorio?". Macchè.
"No, portiamo con noi anche Baudelaire".
"Sei sicuro, non lo vogliamo lasciare a casa, sai com'è l'età, fa freddo, poi non so se la birreria sia il suo genere..."
No, doveva venire con noi anche il povero Baudelaire.
Scelsi il tavolo più nascosto del locale e ordinai un boccale di birra alto quanto me.
Mentre il poeta mi leggeva versi ad alta voce, io pensavo alle popolazioni delle isole Vanuatu, all'effetto serra, al mio smalto, alle prossime vacanze, a cosa fare della tredicesima, ecc.ecc.
All'improvviso vidi entrare nel locale un gruppo di ragazzi tra cui uno che mi era sempre piaciuto. Mi sarei fatta impiccare piuttosto che farmi vedere in compagnia di un pupazzo incravattato che distruggeva Baudelaire in birreria.
Mi alzai di colpo dicendo "io ho caldo, mi avvio fuori". Barcollando raggiunsi l'uscita. Il ganzo mi vide e mi chiamò.
"Hei, ciao, sei da sola?"
"Emmm..Ciao! Io? Sì, cioè no.."
"Bevi qualcosa con noi?"
"Un'altra volta. Ora ho una questione da risolvere"
"Ma mica stai con quello lì?"
Il poeta era in piedi con il suo libro stretto alla giacchetta che si guardava intorno con aria smarrita.
"No, ma quando mai."
Mi catapultai fuori sbattendo prima contro una cameriera poi contro un tavolino.
Meglio essere presa per imbranata che per fidanzata di quell'ameba!
Il colpo di grazia il poeta se lo diede da solo quando dimenticò il suo cellulare nella mia borsa. Controllare il cellulare del proprio ragazzo è una cosa che non bisognerebbe fare. Ma che è meglio fare.
Tra i messaggi inviati, il mio nome era solo uno dei tanti. Quei penosi versi che inviava a me e che io subito cancellavo per l'imbarazzo di dover ammettere che il mio fidanzato era un ridicolo, li inviava anche ad ANNA, MARIKA, SERENA, GRAZIA...
Non si prendeva la briga di cambiare nemmeno una virgola.
Ma la cosa sconcia era che ANNA e company gli rispondevano con un coro di "che dolce che sei", "che belle parole", "sei unico", "grazie di esistere".
Quel cellulare era un'offesa:
1) a me
2) in un certo senso anche ad ANNA e company.
3) alla poesia (vera) e alla lingua italiana.
Pertanto doveva morire. Così scomparì per sempre nel bidone sotto il balcone di casa mia. Ma prima dell'omicidio mandò un sms a tutta la sua rubrica: "SONO UN FOTTUTO IDIOTA".

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