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Il pomodorino del “piennolo”, storia e leggende dello spongillo

Creato il 22 febbraio 2015 da Vesuviolive
Pomodoro del piennolo

Pomodoro del Piennolo

Si racconta che Lucifero creò Napoli rubando un pezzo di Paradiso, ma la terra, toccata dal Diavolo, era diventata arida e fiammeggiante. Quando Gesù vide quell’angolo di mondo sottratto al Cielo iniziò a piangere e, le sue lacrime, cadute sulle pendici del Vesuvio, resero la terra vulcanica fertile e produttiva.

Il pomodorino del “piennolo” è il chiaro esempio di quanto questa leggenda sia vera. Può essere coltivato, infatti, solo a trecento metri sopra al livello del mare fra la terra, ricca di sali minerali del Parco Nazionale del Vesuvio. Non a caso l’UE, nel 2009, lo ha dichiarato DOP.

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Pomodoro del Piennolo

Il colore rosso intenso, la buccia dura che conserva tutte le sostanze nutritive anche a lungo termine, il sapore fresco e acre, rendono i nostri pomodorini unici al mondo e impossibili da coltivare altrove. Una storia racconta, addirittura, che il colore rosso sia dovuto a piccole gocce della lava del Vesuvio che, nutrendo l’ortaggio, gli danno vita e resistenza.

Molti sono i nomi popolari attribuiti al prodotto e, spesso, variano di città in città: è un esempio il termine “pomodoro di spongillo”, per la puntina nella parte inferiore del pomodoro (sponda), che, in altri comuni diventa “spuncillo”.

Il nome universale “pomodorino del piennolo” è dovuto al modo in cui i pomodorini vengono conservati e coltivati “appesi” in una rete che li tiene sospesi su bastoncini o pezzi di legno.

Si racconta, a Torre del Greco, che le mogli dei pescatori e dei marittimi si occupassero di intrecciare e sistemare le reti che servivano per la pesca. Quando, però, i mariti andavano in mare, per continuare a lavorare, le donne usavano la stessa procedura per intrecciare i piccoli nodi delle reti del “piennolo”.

Dopo questa storia risulta ancor più evidente quanto i pomodorini del “piennolo” siano il prodotto più rappresentativo della nostra terra: delle perle, rosse come il fuoco del vulcano, resistenti come il suolo che la genera e intrecciate da reti di marinai.


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