Viste le condizioni finanziarie del Paese ci si sarebbe potuti aspettare che finalmente si mettesse fine a questa fabbrica del duomo sulla carta, ma invece no perché evidentemente i tecnici si sono trasformati a tempo di record in politici che sanno come va il mondo e che non vogliono sotto elezioni dare un taglio netto e rischiare di scontentare le lobby interessate al progetto e dio non voglia chiudere la società stretto di Messina. Né privarsi del valore clientelare che hanno le opere collaterali: infatti in questi due anni di proroga “potranno comunque essere assicurati sui territori interessati interventi infrastrutturali immediatamente cantierabili, a patto che presentino una funzionalità autonoma e siano già compresi nel progetto generale”. E questo per un’opera di cui
Insomma un rinvio che implica altro dispendio di soldi (il solo risarcimento del contraente generale leviterà del 10% più le spese effettuate nel frattempo) che potrebbero essere utilizzati con maggior buon senso e buon governo a migliorare le strutture fatiscenti delle due regioni interessate. Ma c’è un’altra cosa interessante: il costosissimo ulteriore rinvio viene giustificato col fatto che l’Europa, non ci metterà nemmeno un quattrino visto che la Commissione di Bruxelles non ha incluso l’opera ” nelle linee strategiche sui corridoi trans-europei”. Ma è ben noto che nemmeno la Tav Torino Lione è inclusa in questo piano e non riceverà fondi. Non si capisce per quale motivo allora non si sia pensato di rinviare anche quest’ultima per esplorarne la fattibilità finanziaria. Forse perché in questo caso le lobby non si accontentavano della tenuta in vita del progetto, ma volevano mettere mano ai lavori avendo già oliato il meccanismo? Chi lo sa, sono i misteri di un governo “bancabile”.